A queste necessità, che dobbiamo immaginare ancora più alte per un paese in via di sviluppo, si vanno poi ad aggiungere una serie di critiche che nascono ragionando sulla struttura del mercato dell'editoria scientifica: in pratica la maggior parte delle ricerche vengono finanziate con soldi pubblici e producono una serie di articoli che vengono successivamente sottomessi alle varie riviste di settore; dopo un primo esame da parte dell'editor, questi articoli vengono girati a dei revisori, che, in maniera completamente gratuita, rileggono e controllano ogni parte prima di approvarne la pubblicazione; una volta approvato, un articolo esce sia sulla versione cartacea sia su quella on-line, entrambe accessibili a pagamento. In tutto questo processo gli editori hanno delle spese limitate esclusivamente alla versione cartacea, alle spese per la redazione e alla manutenzione dei server e dei database.
Ragionando su queste spese, ci si chiede poi perché gli editori continuano a mantenere un prezzo di acquisto per articoli vecchi, non necessariamente presenti nelle biblioteche universitarie e che sono ordinabili solo attraverso il sistema interbibliotecario, lì dove è esistente, arrivando spesso come fotocopie e non in un più pratico e meno dispendioso formato digitale (certo c'è da dire alcune riviste permettono agli account gratuiti di accedere all'archivio dei propri articoli a partire da 10 anni fa fino alla fondazione, o altre, durante le settimane del Premio Nobel, rendono liberamente scaricabili i propri articoli).
Guardando a tutto questo, la sensazione è allora che si sia creato un profondo squilibrio tra gli editori che dovrebbero diffondere la conoscenza e i ricercatori che la producono e vorrebbero che questa avesse la maggior diffusione possibile.
Probabilmente è proprio in questo squilibrio che va ricercato il grande successo di Sci-Hub praticamente in tutto il mondo e non solo nei paesi dove, per vari motivi, è difficile reperire gli articoli scientifici. D'altra parte sono proprio i ricercatori stessi che mettono a disposizione di Sci-Hub gli account accademici che permettono di scaricare legalmente gli articoli scientifici, poi messi a disposizione della comunità:
Elbakyan declined to say exactly how she obtains the papers, but she did confirm that it involves online credentials: the user IDs and passwords of people or institutions with legitimate access to journal content. She says that many academics have donated them voluntarily. Publishers have alleged that Sci-Hub relies on phishing emails to trick researchers, for example by having them log in at fake journal websites. "I cannot confirm the exact source of the credentials," Elbakyan told me, "but can confirm that I did not send any phishing emails myself."(1)L'alternativa all'attuale modello di diffusione della scienza è indubbiamente fornito dalle licenze creative commons utilizzate nel modello dell'open access: a mio giudizio il problema dell'oa in questo momento è dovuto soprattutto ai costi di sottomissione, ancora troppo elevati rispetto a quelli, nulli, dell'editoria tradizionale, sebbene qualcosa in questo senso si sta muovendo grazie a editori che chiedono solo un pagamento iniziale (ad esempio PeerJ).
La strada per una reale diffusione della scienza è, purtroppo, ancora lunga: si deve sperare che il Napster degli articoli scientifici riesca a rendere questo percorso un po' più breve. Rispetto all'epoca di Napster, però, potrebbe esserci una differenza fondamentale: i pirati non sono semplici utilizzatori, ma coloro che realizzano il prodotto "articolo scientifico" che viene, poi, piratato!
Before Sci-Hub, all research papers - millions of them - were paywalled and inaccessible. Now all of them can be read, freely(1) Bohannon, J. (2016) Who's downloading pirated papers? Everyone. Science. DOI: 10.1126/science.aaf5664
(via twitter)