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giovedì 12 novembre 2015

Nel segno di Galileo

Con l'occasione dell'uscita della mia recensione di Galileo Galilei di Paolo D'Antonio, ho provato a mettere ordine tra tutto quello che scritto sullo scienziato pisano, producendo un unico, lungo post pubblicato su medium. Questo ha implicato innanzitutto verificare il recupero di tutti i post galileiani su SciBack, quanto meno tutti quelli che mi interessava recuperare. Devo dire che, a parte uno che è solo un'immagine e che recupererò (se mi ricordo) in una data specifica, ho ripubblicato giusto oggi tutto quello che mi interessava: trovate ognuno di questi contributi nell'apposita etichetta galileo galilei.
Due parole, però, sulla mia presenza su medium a questo punto sono d'obbligo: per il momento sto utilizzando questo sistema di blogging o social di pubblicazione di contenuti per recuperare materiale presente su DropSea più o meno legato a un progetto che sta andando avanti, sta prendendo un po' di energie soprattutto nervose e sta mettendo a dura prova persino la mia olimpica pazienza, ma che spero (sono ottimista!) possa partire a breve. Per il momento cerco di pubblicare una volta a settimana e il post linkato all'inizio è l'operazione più complessa che ho proposto finora, con un risultato che spero risulti più originale della somma dei post che colà sono confluiti. Una parte di questi post su medium finiscono a loro volta sulla versione medium di Gruppo Locale, dove sono stato invitato a partecipare e che mi sta nel complesso soddisfacendo.
Ho già diverse idee per il prosieguo di questa collaborazione, per ora sempre recuperi di vecchi articoli, ma non temete: proseguirò, pur se a singhiozzo, anche il recupero dei contenuti qui su SciBack.

domenica 25 ottobre 2015

(non) carnevale della fisica #12

con pensieri, immagini, post di @peppeliberti @quantizzando @nereide @GiulianaGalati @Scientificast @Popinga1 @CristinaDaRold @OggiScienza @RadioProzac @mcastel @gruppolocale @andreacapocci @MediumItaliano @_juhan @amedeo_balbi
per l'Annesima volta non sarà l'Anno di Aharonov e Berry
Peppe Liberti
Dopo un paio di mesi di silenzio torna la (non) rassegna scientifica in un'edizione snella e centrata sui Premi Nobel, che sono stati assegnati un paio di settimane fa. Quest'anno il premio per la fisica è stato assegnato a Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald per le prime osservazioni dell'oscillazione dei neutrini. L'unica difficoltà nell'assemblare questa edizione è stata scegliere dove pubblicarla: se ero abbastanza certo di non voler utilizzare DropSea per questa edizione, avevo comunque un dubbio sull'usare o meno il mio profilo Medium, ma alla fine ho optato per la tradizione, visto che SciBack l'ho tradizionalmente utilizzato per gli annunci dei Premi Nobel e per post conclusivi, di cui nei fatti questo è l'ottimo sostituto.
Non mi dilungo troppo in ulteriori dettagli, né tecnini né fisici, considerando che i contributi che vi segnalerò presentano tutti, con gradi di approfondimento differenti, informazioni sulla questione. Per cui gettiamoci subito nel flusso neutrinico!
Partirei con Sandro Ciralariello e i suoi neutrini che oscillano:
Se siete finiti qui è perché volete saperne di più e quindi ora proverò a raccontarvi un po' la situazione. Siccome non voglio che restiate delusi da questo post, provo a fare sin da ora un brevissimo riassunto di ciò che proverò a dire. In questo post vedremo: cosa sono i neutrini, cosa hanno misurato i Premi Nobel, cosa vuol dire che oscillano, le conseguenze e l'importanza dell'osservazione dell'oscillazione dei neutrini (che poi è la cosa che ha fatto vincere il Nobel ai due signori di sopra).
Anche Annarita Ruberto propone un interessante approfondimento sulla questione: all'interno de I neutrini hanno massa linka anche altri suoi post neutrinici, utili per approfondire ulteriormente la lettura (e in generale tutte le letture che vi proporrò):
La ricerca dei neutrini è resa difficoltosa dalla loro elusività, dato che interagiscono molto raramente con la materia, pur essendo le particelle più abbondanti nell'Universo. Tale caratteristica consente loro di non essere assorbiti dalla radiazione di fondo e di attraversare imperturbati regioni che sono opache alla radiazione elettromagnetica, come l'interno delle sorgenti astrofisiche. Inoltre, essendo particelle neutre, non subiscono deflessioni causate dai campi magnetici galattici e intergalattici che impedirebbero di risalire alla direzione di provenienza. Mi sto riferendo ai neutrini di origine astrofisica (da binarie X, resti di supernovae galattiche, nuclei attivi galattici, gamma ray burst o lampi gamma). Ci sono, infatti, anche neutrini solari, neutrini atmosferici, neutrini terrestri, neutrini fossili, accomunati tutti dalla caratteristica di essere sfuggenti.
A seguire ecco le spiegazioni di Giuliana Galati su Scientificast:
I neutrini furono previsti da Pauli nel 1930 e rivelati per la prima volta da Reines e Cowan solo 27 anni dopo, nel 1957: questo dimostra come siano elusivi e difficili da osservare. Nei decenni successivi, è stato possibile studiarne molte proprietà, Le prime indicazioni che qualcosa di fondamentale ci sfuggiva sono arrivate negli anni Settanta e Ottanta dopo l'esperimento Homestake: dal Sole arrivavano molti meno neutrini di quelli attesi.

giovedì 8 ottobre 2015

Nobel e IgNobel

Con l'occasione dei Premi Nobel 2015, ho deciso di recuperare i contenuti legati all'etichetta premi nobel. Come nel caso di Comunicare Fisica, anche in questo caso c'era la necessità di recuperare prima alcuni link interni, in questo caso quelli legati agli Ig Nobel. Le etichette vi proporranno gli annunci del 2009 e del 2010 (in quest'ultimo caso ho dovuto recuperare prima altri link interni, a parte i vari annunci), mentre per quel che riguarda il riepilogo del 2009, esso era stato originariamente pubblicato in due post (da archive.org: parte 1, parte 2), ma essendo i due usciti nello stesso giorno, ho pensato di riunirli in uno solo, anche perché nessuno, in questa incarnazione, mi insegue incitandomi a Pubblicare pubblicare pubblicare.
Ad ogni modo, l'etichetta non è completa e restano ancora da pubblicare alcuni contributi, che però non sono strettamente legati con gli annunci dei premi di questi giorni. E' possibile che prima dell'assegnazione del Nobel per l'Economia riesca a chiudere l'etichetta, e allora in occasione di un possibile (non certo: non ho ancora deciso) post dedicato ai Premi 2015, potrei annunciare anche la pubblicazione di tutti gli articoli dedicati all'etichetta.

domenica 27 settembre 2015

Lavarsi le mani

Venerdì 25 settembre con mia sorella siamo andati, come ogni anno, all'apertura nottura del Museo della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci" in occasione della notte dei ricercatori. Probabilmente a causa del fatto che l'ultima nostra visita è stata agli inizi di giugno insieme a due nostri cugini di Torino, non mi sono divertito come l'ultima volta, anche se la visita è stata comunque soddisfacente soprattutto grazie a una mostra sulla storia della medicina. E' un percorso, un corridoio fatto con grandi pareti che illustrano alcuni dei passaggi salienti della storia di questa importante disciplina. E uno di questi punti importanti riguarda Ignaz Semmelweis, l'uomo che scoprì l'importanza dell'igene persino all'interno di un ospedale. Di seguito vi propongo il testo del volantino abbinato alla parete dedicata al grande e sfortunato medico ungherese
Chi avrebbe potuto pensare che un gesto così semplice e quotidiano, come il lavarsi bene le mani, potesse salvare tante vite? Un giovane medico ungherese fu il primo a vedere nell'ordinario qualcosa di straordinario.
Per secoli, sin quasi alle porte del novecento, l'umanità è stata afflitta da un flagello misterioso e implacabile: la febbre puerperale, una violenta infezione che colpiva un gran numero di donne immediatamente dopo il parto causandone rapidamente il decesso. La Prima Clinica Ostetrica dell'ospedale Generale di Vienna non faceva eccezione quando, il primo luglio del 1846, un giovane medico ungherese fresco di laurea - il dottor Ignatz Semmelweiss - vi prese come assistente del primario. Tra i compiti del dottor oltre a quello di assistere ai parti, vi era quello di accompagnare gli studenti di medicina nelle loro visite quasi quotidiane al reparto. La "Prima" era una Clinica ove gli studenti prendevano confidenza con il lato pratico della professione. Era un luogo pulito e ordinato, almeno per gli standard dell'epoca, ma aveva un tasso di mortalità pari a circa il 10%. Il fatto era cosi ben conosciuto al di fuori dell'ospedale che le povere partorienti preferivano, addirittura, partorire per strada piuttosto che essere ricoverate nella clinica della morte. L'anno seguente, un collega del dottor Semmelweiss si feri con un bisturi durante un'autopsia. Si trattava di una ferita superficiale, poco più di un graffio, ma dottor Kolletschka mori in breve tempo con un quadro clinico assai somigliante a quello delle donne vittime della febbre puerperale.
Per il dottor Semmelweiss si trattò di una vera e propria rivelazione che, vent'anni prima di Pasteur, lo condusse a ipotizzare l'esistenza di "particelle cadaveriche" che, a contatto con ferite aperte, potevano infettare individui altrimenti sani portandoli a sviluppare la malattia. I veicoli dell'infezione altro non erano quindi che gli studenti che nella Prima, clinica universitaria, passavano dall'obitorio alla sala parto con estrema indifferenza e senza lavarsi le mani pratica considerata normale dalla medicina dell'epoca.
Fu cosi che venne introdotto, in via sperimentale, l'obbligo di lavarsi le mani con una soluzione disinfettante prima di ogni visita ginecologica il che ridusse, in breve, il tasso di mortalità a livelli trascurabili. Il dottor Semmelweiss è quindi unanimemente accreditato come colui che per primo riconobbe le implicazioni cliniche della teoria dei germi. Nel 2013 l'UNESCO ha deciso di inserire alcuni documenti sulla scoperta di Semmelweiss nel registro della Memoria del mondo.

giovedì 24 settembre 2015

Incroci

Come ho scritto una settimana fa, nel programma di recupero prossimo venturo ci sono i post relativi a Comunicare Fisica edizione 2010. Nell'ottica di questo recupero era necessario recuperare prima di tutto la recensione di uno spettacolo teatrale, Luce dalle stelle, con sul palco quattro ricercatori (tre li ho conosciuto e uno di questi è, in un certo senso, capo). Per una questione di link interni, però, la ristampa di questo post non era sufficiente, e allora ecco recuperare i ritratti di Darwin e Galilei e unincontro sul primo con Dario Fo e Piergiorgio Odifreddi.
Se, dunque, si procede un po' a strappi, a spizzichi e bocconi, come si suol dire, è anche per via dei collegamenti interni, per lasciare il meno possibile link verso archive.org. In effetti ci sarà un'altra situazione abbastanza complessa relativamente ai link interni da risolvere, ma sto pensando di ovviare alla situazione pubblicando su medium la parte di quel post che può compiutamente sopravvivere senza i collegamenti.

giovedì 17 settembre 2015

Recuperando una stagione scomparsa


Disegno di Peppe Liberti che mi ritrae mentre, all'epoca, ero impegnato nella cronaca dal vivo della conferenza
Piano piano recupererò i post che ritengo più importanti e significativi per Science Backstage. Dopo le prime pubblicazioni dedicate alla divulgazione, il mio personale programma prevedeva il recupero di un primo carnevale della matematica, con annessi contributi, ma un altro progetto ha richiesto attenzione. L'idea di ripubblicare su Medium, utilizzando quella piattaforma come possibile pubblicità personale, quanto scritto sulle Olimpiadi Italiane dell'Astronomia mi ha spinto, per non lasciare link verso archive.org nel testo (almeno il link più importante) a recuperare il materiale su Comunicare Fisica. Per ora ho ristampato solo un post in inglese dedicato a Peter Dourmashkin del MIT, ma gli altri, già pronti e opportunamente ripuliti e sistemati (è stato un lavoraccio, e prima o poi scriverò due righe in proposito), verranno ristampati nel corso dei prossimi giorni (forse settimana prossima... vedremo).
Evidentemente ho anche riletto ciascuno dei post, in maniera piuttosto veloce, comunque, e mi sono ricordato dell'entusiasmo provato dall'iniziativa, con il ritrovarsi con Peppe Liberti o il conoscere Annarita Ruberto e Amedeo Balbi e Piero Patteri, e della delusione, quella giunta solo con il passare dei mesi e anni, provata dalla difficoltà nel trasformare in lavoro i contatti ottenuti. Non so e non mi va di approfondire se questo è un effetto della problematica struttura dell'Italia come sistema, ma semplicemente paragonarla a un fiore che, piantato su un terreno fertile, non è sbocciato non per mancanza di cure, ma perché una scarpa lo ha schiacciato.
Considerazioni un po' cupe (in fondo il cielo è grigio, fuori dalla finestra), che portano all'ovvio pensiero chi te l'ha fatto fare?, ad esempio a mettere in piedi un live blogging per cui ti hanno lodato, o a proporre anche dopo la conferenza materiale che ti veniva inviato. La risposta sta in due parole, entusiasmo e speranza. E a queste sto provando ad aggrapparmi, altrimenti non starei recuperando questi post dai più dimenticati.

domenica 28 giugno 2015

Il (non) carnevale della fisica #10

con @peppeliberti @Popinga1 @Scientificast @CasolinoMarco @MathisintheAir @Chimicare @marghespa @nereide @mixmic76 @IlaMenca @astrilari @OggiScienza @AstronomicaMens @quantizzando @00Arci @lospaziobianco
Di tutte le ricorrenze che cadono il 28 giugno quella che segnalo nella (inusualmente) breve introduzione al (non) carnevale è l'inaugurazione della prima centrale elettrica dell'Europa continentale in via Santa Radegonda a Milano nel 1883 (la prima europea in assoluto fu quella di Holborn Viaduct a Londra inaugurata l'anno prima). Progettata da Giuseppe Colombo e Giovanni Battista Pirelli, la centrale di Santa Radegonda, costruita e gestita dalla Edison, illuminò quella sera per la prima volta con luce elettrica la Scala dove quella sera andava in scena la prima de "La Gioconda" del Ponchielli. Dettagli storici e tecnici si possono approfondire sull'articolo di Gian Luca Lapini, con il quale iniziamo ad accendere le luci sul (non) carnevale #10:
La potenza elettrica delle quattro dinamo installate (circa 350 kW complessivi, quanto bastava per accendere 4800 lampade ad incandescenza da 16 candele, alimentate a 100-110V) era modesta per i nostri standard, ma cospicua per il suo tempo. In effetti uno dei motivi di successo del sistema Edison fu la notevole potenza delle sue dinamo, che erano state soprannominate proprio per questo “Jumbo”, come il famoso elefante del circo Barnum. L'energia elettrica prodotta era in corrente continua e veniva distribuita tramite conduttori interrati in una piccola area compresa fra piazza del Duomo, piazza della Scala, e la Galleria.
In questi giorni di biscotti e banner c'è chi ha deciso di spostarsi, armi e bagagli, su altre piattaforme dove l'impossibilità di personalizzazione permette di concentrarsi sui contenuti, dimenticandosi delle alzate d'ingegno dei legislatori (o di chi per loro). E così Peppe Liberti si è spostato su medium e ha presentato così la ristampa che vi vado a proporre:
A tutti questi che Scienza e/o Cultura volevo dire che io, a un Festival della Scienza, ho messo assieme Twain e Feynman e si son parlati
Andatevi a leggere (o rileggere) Twain, il tempo e la memoria .
Un altro esimio che continua a passare ai suoi lettori della roba decisamente buona è Marco Fulvio Barozzi, in arte Popinga, che ha recentemente proposto Einstein cosmologo, e un manoscritto inedito:
Poco dopo la formulazione della teoria generale della relatività (1916), Einstein applicò la sua nuova teoria all’intero universo, soprattutto allo scopo di chiarirne i fondamenti, cioè di stabilire “se il concetto di relatività può essere applicato fino in fondo o se porta a contraddizioni”. Ipotizzando un cosmo statico nel tempo e che una teoria gravitazionale consistente dovesse incorporare il “principio” di Mach, secondo il quale l'inerzia di ogni sistema è il risultato dell'interazione del sistema stesso con il resto dell'universo e non può esistere uno spazio privo di materia, Einstein ritenne necessario aggiungere un nuovo termine alle equazioni generali di campo, allo scopo di predire un universo con una densità media di materia non nulla – la famosa “costante cosmologica”. Con la scelta di questa costante, Einstein fu condotto a un modello di un universo statico, finito, di geometria spaziale sferica, il cui raggio era direttamente legato alla densità di materia.
Restiamo su quello che è considerato come il più noto fisico del XX secolo grazie a Silvia Kuna Ballero che su Scientificast ci propone A pranzo con Einstein: la relatività generale:
Usando diversi esperimenti mentali, tra cui il più importante è quello dell’ascensore, Einstein ebbe l’idea che la gravità potesse essere interpretata non come forza, ma come un qualcosa che modifica la geometria dello spazio-tempo, e più precisamente la caratteristica di un sistema di riferimento di essere inerziale o meno; e collegò naturalmente la presenza di materia (massa) alla gravità.
Seguendo questo ragionamento, nel 1907, Einstein riuscì finalmente ad estendere anche ai moti accelerati quello che si chiama principio di relatività; in altre parole, si potevano scrivere delle leggi della fisica che avessero la stessa forma matematica in tutti i sistemi di riferimento, anche a quelli che si muovono di moto accelerato.
Seguì una serie di pubblicazioni da parte di Einstein, dal 1908 al 1915, e molti altri a partire dal 1915, che via via costruirono la teoria della relatività generale, che include anche l’effetto di forze gravitazionali intense.