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domenica 27 settembre 2015

Lavarsi le mani

Venerdì 25 settembre con mia sorella siamo andati, come ogni anno, all'apertura nottura del Museo della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci" in occasione della notte dei ricercatori. Probabilmente a causa del fatto che l'ultima nostra visita è stata agli inizi di giugno insieme a due nostri cugini di Torino, non mi sono divertito come l'ultima volta, anche se la visita è stata comunque soddisfacente soprattutto grazie a una mostra sulla storia della medicina. E' un percorso, un corridoio fatto con grandi pareti che illustrano alcuni dei passaggi salienti della storia di questa importante disciplina. E uno di questi punti importanti riguarda Ignaz Semmelweis, l'uomo che scoprì l'importanza dell'igene persino all'interno di un ospedale. Di seguito vi propongo il testo del volantino abbinato alla parete dedicata al grande e sfortunato medico ungherese
Chi avrebbe potuto pensare che un gesto così semplice e quotidiano, come il lavarsi bene le mani, potesse salvare tante vite? Un giovane medico ungherese fu il primo a vedere nell'ordinario qualcosa di straordinario.
Per secoli, sin quasi alle porte del novecento, l'umanità è stata afflitta da un flagello misterioso e implacabile: la febbre puerperale, una violenta infezione che colpiva un gran numero di donne immediatamente dopo il parto causandone rapidamente il decesso. La Prima Clinica Ostetrica dell'ospedale Generale di Vienna non faceva eccezione quando, il primo luglio del 1846, un giovane medico ungherese fresco di laurea - il dottor Ignatz Semmelweiss - vi prese come assistente del primario. Tra i compiti del dottor oltre a quello di assistere ai parti, vi era quello di accompagnare gli studenti di medicina nelle loro visite quasi quotidiane al reparto. La "Prima" era una Clinica ove gli studenti prendevano confidenza con il lato pratico della professione. Era un luogo pulito e ordinato, almeno per gli standard dell'epoca, ma aveva un tasso di mortalità pari a circa il 10%. Il fatto era cosi ben conosciuto al di fuori dell'ospedale che le povere partorienti preferivano, addirittura, partorire per strada piuttosto che essere ricoverate nella clinica della morte. L'anno seguente, un collega del dottor Semmelweiss si feri con un bisturi durante un'autopsia. Si trattava di una ferita superficiale, poco più di un graffio, ma dottor Kolletschka mori in breve tempo con un quadro clinico assai somigliante a quello delle donne vittime della febbre puerperale.
Per il dottor Semmelweiss si trattò di una vera e propria rivelazione che, vent'anni prima di Pasteur, lo condusse a ipotizzare l'esistenza di "particelle cadaveriche" che, a contatto con ferite aperte, potevano infettare individui altrimenti sani portandoli a sviluppare la malattia. I veicoli dell'infezione altro non erano quindi che gli studenti che nella Prima, clinica universitaria, passavano dall'obitorio alla sala parto con estrema indifferenza e senza lavarsi le mani pratica considerata normale dalla medicina dell'epoca.
Fu cosi che venne introdotto, in via sperimentale, l'obbligo di lavarsi le mani con una soluzione disinfettante prima di ogni visita ginecologica il che ridusse, in breve, il tasso di mortalità a livelli trascurabili. Il dottor Semmelweiss è quindi unanimemente accreditato come colui che per primo riconobbe le implicazioni cliniche della teoria dei germi. Nel 2013 l'UNESCO ha deciso di inserire alcuni documenti sulla scoperta di Semmelweiss nel registro della Memoria del mondo.

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