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Visualizzazione post con etichetta (non) carnevale della fisica. Mostra tutti i post
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domenica 26 febbraio 2017

(non) carnevale della fisica #23

Edizione minimale e, diciamo così, speciale dedicata a Trappist-1 e al suo piccolo sistema planetario costituito da sette pianeti rocciosi, tutti più o meno paragonabili alla Terra e all'interno della fascia abitabile della stella. Inizio con Sandro Ciarlariello:
In un certo senso fondiamo le nostre aspettative sulle nostre esperienze; ovvero abbiamo sempre visto, per secoli, la Terra come un'eccezione, come un qualcosa di singolare, circondata da altri pianeti completamente diversi dal nostro. Ecco, quindi quando sentivamo di pianeti simili a Giove eravamo sempre sorpresi ma, allo stesso tempo delusi. Appena sono iniziati a sbucare i primi pianeti grandi come la Terra ecco che abbiamo tutti iniziato ad alzare la testa: gli esopianeti (ovvero i pianeti al di fuori del sistema solare) erano vivi e lottavano con noi. A quel punto sono sbucati anche pianeti in stelle vicine, sempre più vicine. E poi, oggi: ben sette pianeti, e poi anche simili alla Terra, tutti nello stesso sistema solare.
Passo ora a Marco Castellani su Gruppo locale (la versione su Medium):
Sì, perché questi pianeti — a differenza della grande maggioranza di quelli conosciuti — sono probabilmente tutti rocciosi ed anzi simili alle dimensioni della nostra Terra. Stiamo parlando senz’altro del più grande numero di pianeti di tipo terrestri rilevato attorno ad una sola stella.
A scrivere della notizia per OggiScienza è Veronica Nicosia, i cui ottimi articoli stanno entrando con una certa frequenza in queste edizioni del (no) carnevale:
Abbiamo trovato sette sorelle della Terra. Michael Gillon, a capo del telescopio Trappist e ricercatore dell’Università di Liegi, in Belgio, lo ha annunciato tradendo una grande emozione. Alle 19 del 22 febbraio, ora italiana, la NASA finalmente ha fatto il suo annuncio. A 39 anni-luce dalla Terra, intorno a una stella nana che è più piccola del nostro Sole e molto più fredda, ci sono sette esopianeti che hanno caratteristiche molto simili al nostro.

domenica 25 settembre 2016

Il (non) carnevale dela fisica #18

Lo so, lo so. Nell'ultima edizione Annarita ha ricordato che sarebbe stato un altro il blog che avrebbe ospitao l'edizione di fine settembre, ma c'era Science Backstage che continuava sussurrarmi a un oecchio: ma non mi scrivi più? ma non mi scrivi più? E allora ecco che qui, su SciBack (per gli amici!) la 18.ma edizione del (non) carnevale della fisica!
Visto che spesso mi ritrovo a scrivere di stelle sulle pagine dei (non) carnevali, e che mi piacerebbe stimolare Fabio a scrivere un po' più spesso, apro questa edizione con una lezione diastronomia, dove Fabio De Sicot recupera alcuni estrati di un'intervista che fece a Margherita Hack ai bei tempi di Caccia al fotone.
Nel 2006 nasceva Caccia al Fotone, e una delle prime puntate fu proprio in compagnia di Margherita Hack. Le feci qualche domanda sull'evoluzione stellare, e lei si sbizzarrì. Ne uscì una gloriosa e semplice (come nel suo stile) lezione di astronomia. E' un mio ricordo. Uno fra i tanti che si vedranno in rete. Ma per me vuol ancora dir molto.
Si prosegue con Gaia e il suo miliardo di stelle (evvai!) di Sandro Ciarlariello:
In questo post vedremo cos'è Gaia, come ha fatto a misurare le cose che ha misurato e cosa ci dicono i dati. Tenete comunque presente che questi sono solo i primi dati della missione; ovvero nei prossimi anni verranno resi pubblici dati sempre più aggiornati e inoltre, nel corso dei mesi prossimi, tantissimi astrofisici (non solo quelli legati strettamente alla missione Gaia) analizzeranno questi dati e quindi magari ne vedremo delle belle.
Sempre dedicato a Gaia il post di Marco Castellani su Gruppo locale
Un momento, ma chi è GAIA? No, non c’è speranza di incontrarla dal vero, perché non solo non è una persona (purtroppo, o per fortuna…) bensì un satellite dell’ESA, che attualmente orbita intorno al punto lagrangiano L2, un punto particolarmente importante di stabilità gravitazionale alle bellezza di un milione e mezzo di chilometri da Terra.
Andiamo su Medium con La storia della scoperta di Sgr A* di Michele Diodati:
Alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, i progressi tecnologici compiuti nell’esplorazione del cielo nelle frequenze dell’infrarosso consentirono di bucare per la prima volta in modo efficace la nera cortina di polveri che rende invisibile il centro galattico ai telescopi ottici.
Quindi Marco Fulvio Barozzi con La freccia del tempo:
Otto anni prima della morte di Newton, un altro Isaac, un protestante dissidente di nome Isaac Watts, pubblicò un libro di salmi, parafrasi e inni intitolato The Psalms of David: Imitated in the Language of the New Testament and Applied to the Christian State and Worship (1719). L’inno 58 così recita:

domenica 25 ottobre 2015

(non) carnevale della fisica #12

con pensieri, immagini, post di @peppeliberti @quantizzando @nereide @GiulianaGalati @Scientificast @Popinga1 @CristinaDaRold @OggiScienza @RadioProzac @mcastel @gruppolocale @andreacapocci @MediumItaliano @_juhan @amedeo_balbi
per l'Annesima volta non sarà l'Anno di Aharonov e Berry
Peppe Liberti
Dopo un paio di mesi di silenzio torna la (non) rassegna scientifica in un'edizione snella e centrata sui Premi Nobel, che sono stati assegnati un paio di settimane fa. Quest'anno il premio per la fisica è stato assegnato a Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald per le prime osservazioni dell'oscillazione dei neutrini. L'unica difficoltà nell'assemblare questa edizione è stata scegliere dove pubblicarla: se ero abbastanza certo di non voler utilizzare DropSea per questa edizione, avevo comunque un dubbio sull'usare o meno il mio profilo Medium, ma alla fine ho optato per la tradizione, visto che SciBack l'ho tradizionalmente utilizzato per gli annunci dei Premi Nobel e per post conclusivi, di cui nei fatti questo è l'ottimo sostituto.
Non mi dilungo troppo in ulteriori dettagli, né tecnini né fisici, considerando che i contributi che vi segnalerò presentano tutti, con gradi di approfondimento differenti, informazioni sulla questione. Per cui gettiamoci subito nel flusso neutrinico!
Partirei con Sandro Ciralariello e i suoi neutrini che oscillano:
Se siete finiti qui è perché volete saperne di più e quindi ora proverò a raccontarvi un po' la situazione. Siccome non voglio che restiate delusi da questo post, provo a fare sin da ora un brevissimo riassunto di ciò che proverò a dire. In questo post vedremo: cosa sono i neutrini, cosa hanno misurato i Premi Nobel, cosa vuol dire che oscillano, le conseguenze e l'importanza dell'osservazione dell'oscillazione dei neutrini (che poi è la cosa che ha fatto vincere il Nobel ai due signori di sopra).
Anche Annarita Ruberto propone un interessante approfondimento sulla questione: all'interno de I neutrini hanno massa linka anche altri suoi post neutrinici, utili per approfondire ulteriormente la lettura (e in generale tutte le letture che vi proporrò):
La ricerca dei neutrini è resa difficoltosa dalla loro elusività, dato che interagiscono molto raramente con la materia, pur essendo le particelle più abbondanti nell'Universo. Tale caratteristica consente loro di non essere assorbiti dalla radiazione di fondo e di attraversare imperturbati regioni che sono opache alla radiazione elettromagnetica, come l'interno delle sorgenti astrofisiche. Inoltre, essendo particelle neutre, non subiscono deflessioni causate dai campi magnetici galattici e intergalattici che impedirebbero di risalire alla direzione di provenienza. Mi sto riferendo ai neutrini di origine astrofisica (da binarie X, resti di supernovae galattiche, nuclei attivi galattici, gamma ray burst o lampi gamma). Ci sono, infatti, anche neutrini solari, neutrini atmosferici, neutrini terrestri, neutrini fossili, accomunati tutti dalla caratteristica di essere sfuggenti.
A seguire ecco le spiegazioni di Giuliana Galati su Scientificast:
I neutrini furono previsti da Pauli nel 1930 e rivelati per la prima volta da Reines e Cowan solo 27 anni dopo, nel 1957: questo dimostra come siano elusivi e difficili da osservare. Nei decenni successivi, è stato possibile studiarne molte proprietà, Le prime indicazioni che qualcosa di fondamentale ci sfuggiva sono arrivate negli anni Settanta e Ottanta dopo l'esperimento Homestake: dal Sole arrivavano molti meno neutrini di quelli attesi.

domenica 28 giugno 2015

Il (non) carnevale della fisica #10

con @peppeliberti @Popinga1 @Scientificast @CasolinoMarco @MathisintheAir @Chimicare @marghespa @nereide @mixmic76 @IlaMenca @astrilari @OggiScienza @AstronomicaMens @quantizzando @00Arci @lospaziobianco
Di tutte le ricorrenze che cadono il 28 giugno quella che segnalo nella (inusualmente) breve introduzione al (non) carnevale è l'inaugurazione della prima centrale elettrica dell'Europa continentale in via Santa Radegonda a Milano nel 1883 (la prima europea in assoluto fu quella di Holborn Viaduct a Londra inaugurata l'anno prima). Progettata da Giuseppe Colombo e Giovanni Battista Pirelli, la centrale di Santa Radegonda, costruita e gestita dalla Edison, illuminò quella sera per la prima volta con luce elettrica la Scala dove quella sera andava in scena la prima de "La Gioconda" del Ponchielli. Dettagli storici e tecnici si possono approfondire sull'articolo di Gian Luca Lapini, con il quale iniziamo ad accendere le luci sul (non) carnevale #10:
La potenza elettrica delle quattro dinamo installate (circa 350 kW complessivi, quanto bastava per accendere 4800 lampade ad incandescenza da 16 candele, alimentate a 100-110V) era modesta per i nostri standard, ma cospicua per il suo tempo. In effetti uno dei motivi di successo del sistema Edison fu la notevole potenza delle sue dinamo, che erano state soprannominate proprio per questo “Jumbo”, come il famoso elefante del circo Barnum. L'energia elettrica prodotta era in corrente continua e veniva distribuita tramite conduttori interrati in una piccola area compresa fra piazza del Duomo, piazza della Scala, e la Galleria.
In questi giorni di biscotti e banner c'è chi ha deciso di spostarsi, armi e bagagli, su altre piattaforme dove l'impossibilità di personalizzazione permette di concentrarsi sui contenuti, dimenticandosi delle alzate d'ingegno dei legislatori (o di chi per loro). E così Peppe Liberti si è spostato su medium e ha presentato così la ristampa che vi vado a proporre:
A tutti questi che Scienza e/o Cultura volevo dire che io, a un Festival della Scienza, ho messo assieme Twain e Feynman e si son parlati
Andatevi a leggere (o rileggere) Twain, il tempo e la memoria .
Un altro esimio che continua a passare ai suoi lettori della roba decisamente buona è Marco Fulvio Barozzi, in arte Popinga, che ha recentemente proposto Einstein cosmologo, e un manoscritto inedito:
Poco dopo la formulazione della teoria generale della relatività (1916), Einstein applicò la sua nuova teoria all’intero universo, soprattutto allo scopo di chiarirne i fondamenti, cioè di stabilire “se il concetto di relatività può essere applicato fino in fondo o se porta a contraddizioni”. Ipotizzando un cosmo statico nel tempo e che una teoria gravitazionale consistente dovesse incorporare il “principio” di Mach, secondo il quale l'inerzia di ogni sistema è il risultato dell'interazione del sistema stesso con il resto dell'universo e non può esistere uno spazio privo di materia, Einstein ritenne necessario aggiungere un nuovo termine alle equazioni generali di campo, allo scopo di predire un universo con una densità media di materia non nulla – la famosa “costante cosmologica”. Con la scelta di questa costante, Einstein fu condotto a un modello di un universo statico, finito, di geometria spaziale sferica, il cui raggio era direttamente legato alla densità di materia.
Restiamo su quello che è considerato come il più noto fisico del XX secolo grazie a Silvia Kuna Ballero che su Scientificast ci propone A pranzo con Einstein: la relatività generale:
Usando diversi esperimenti mentali, tra cui il più importante è quello dell’ascensore, Einstein ebbe l’idea che la gravità potesse essere interpretata non come forza, ma come un qualcosa che modifica la geometria dello spazio-tempo, e più precisamente la caratteristica di un sistema di riferimento di essere inerziale o meno; e collegò naturalmente la presenza di materia (massa) alla gravità.
Seguendo questo ragionamento, nel 1907, Einstein riuscì finalmente ad estendere anche ai moti accelerati quello che si chiama principio di relatività; in altre parole, si potevano scrivere delle leggi della fisica che avessero la stessa forma matematica in tutti i sistemi di riferimento, anche a quelli che si muovono di moto accelerato.
Seguì una serie di pubblicazioni da parte di Einstein, dal 1908 al 1915, e molti altri a partire dal 1915, che via via costruirono la teoria della relatività generale, che include anche l’effetto di forze gravitazionali intense.