In un certo senso fondiamo le nostre aspettative sulle nostre esperienze; ovvero abbiamo sempre visto, per secoli, la Terra come un'eccezione, come un qualcosa di singolare, circondata da altri pianeti completamente diversi dal nostro. Ecco, quindi quando sentivamo di pianeti simili a Giove eravamo sempre sorpresi ma, allo stesso tempo delusi. Appena sono iniziati a sbucare i primi pianeti grandi come la Terra ecco che abbiamo tutti iniziato ad alzare la testa: gli esopianeti (ovvero i pianeti al di fuori del sistema solare) erano vivi e lottavano con noi. A quel punto sono sbucati anche pianeti in stelle vicine, sempre più vicine. E poi, oggi: ben sette pianeti, e poi anche simili alla Terra, tutti nello stesso sistema solare.Passo ora a Marco Castellani su Gruppo locale (la versione su Medium):
Sì, perché questi pianeti — a differenza della grande maggioranza di quelli conosciuti — sono probabilmente tutti rocciosi ed anzi simili alle dimensioni della nostra Terra. Stiamo parlando senz’altro del più grande numero di pianeti di tipo terrestri rilevato attorno ad una sola stella.A scrivere della notizia per OggiScienza è Veronica Nicosia, i cui ottimi articoli stanno entrando con una certa frequenza in queste edizioni del (no) carnevale:
Abbiamo trovato sette sorelle della Terra. Michael Gillon, a capo del telescopio Trappist e ricercatore dell’Università di Liegi, in Belgio, lo ha annunciato tradendo una grande emozione. Alle 19 del 22 febbraio, ora italiana, la NASA finalmente ha fatto il suo annuncio. A 39 anni-luce dalla Terra, intorno a una stella nana che è più piccola del nostro Sole e molto più fredda, ci sono sette esopianeti che hanno caratteristiche molto simili al nostro.Per Scientifcast, invece, si occupa della questione il buon Daniele Molaro:
Uno degli obiettivi della moderna astronomia è quello di rilevare la presenza di esopianeti cosiddetti terrestri, caratterizzati cioè da dimensioni paragonabili a quelle della Terra, composizione rocciosa e possibilmente dotati di condizioni di temperatura, pressione e composizione atmosferica tali da essere compatibili con la presenza di forme di vita basate sulla biochimica a noi familiare.Su Through the optic glass, piccola creatura di Marco Fulvio Barozzi su Medium, scrive di Trappist-1 Michele Diodati, che come il sottoscritto si è lasciato affascinare dal fatto che i trappisti esistono e sono tra noi!
I trappisti sono monaci di clausura che si dedicano alla vita contemplativa, allo studio, alla preghiera e ai lavori agricoli. Sono rinomati per la produzione di birra, ma non per la scoperta di pianeti extrasolari. Eppure, a partire dal 23 febbraio, il nome di quest’ordine cistercense sarà in qualche modo ricordato e associato all’astronomia, e in particolare alla ricerca di esopianeti, grazie a due telescopi robotici che si chiamano, guarda caso, TRAPPIST.E anche se non è la chiusura del (non) carnevale, viene il turno del sottoscritto, in chiusura dei post selezionati sulla notizia astronomica del mese:
Fondato nel 1892 da Armand Jean le Bouthillier de Rancé, l'ordine dei trappisti si è diffuso un po' in tutta Europa e anche in qualche parte del mondo (è arrivato anche in Australia, pensate un po'!) e ora probabilmente penserà bene di iniziare un'opera missionaria verso nuovi mondi extrasolari, come i sette pianeti rocciosi trovati intorno alla stella rossa Trappist-1.La seconda parte, ancora più minimale della prima, inzia con un recupero dall'archivio di Corrado Ruscica che è comunque in linea con il tema portnte dell'edizone:
La Terra è nata molto presto nel contesto della storia cosmica. È quanto emerge da un recente studio teorico secondo cui solo l’8 percento dei pianeti potenzialmente abitabili erano presenti nell’Universo quando si originò il nostro Sistema Solare 4,6 miliardi di anni fa. La nascita di nuovi pianeti continuerà ancora anche quando tra 6 miliardi di anni circa il Sole si troverà alla fine del suo ciclo vitale. In altre parole, la maggior parte di quei pianeti, stiamo parlando del 92 percento, si deve ancora formare.Con Umberto Genovese entriamo nei meandri della filosofia di Platone (sempre da Gruppo locale):
2400 anni fa il filosofo greco Platone scriveva la sua opera Politéia, tradotto in italiano La Repubblica. In questa raccolta vi è l’allegoria del Mito della Caverna, una novella ricca di simbolismi che hanno a che fare più con la psiche umana che la scienza. Ma credo che almeno in questo caso l’interpretazione del messaggio sia altrettanto interessanteInfine con Peppe Liberti vediamo quali sono le origini della parola e dell'uso di scientist:
Per chiudere segnalo che, malgrado gli sforzi di Whewell, scientist impiegò molto tempo ad affermarsi. Ancora nel 1894, Thomas Huxley (il bulldog di Darwin) ringhiava che nessuno con un minimo di rispetto avrebbe dovuto usare quella spiacevole parola, un ibrido illegittimo di greco e latino. Se poi non siete ancora soddisfatti e vi resta del tempo e la voglia, di questo e molto altro potrete leggere in Scientist: the story of a word di Sydeny Ross.Si chiude così un'edizione che, lo confesso, non sarebbe andata in onda senza la scoperta dei sette pianeti rocciosi intorno a Trappist-1. Per la prossima, sono abbastanza certo che, se non ci saranno volontari, salterà, avendo nel mezzo il Carnevale della matematica del pi day in preparazione (ricordatevi di segnalarmi vostri contributi!). Per cui: non siate timidi e scrivetemi, una e-mail o un dm su twitter sia per ospitare una delle prossime edizioni (magari quella di fine marzo?) o per segnalarmi i vostri post matemaici!
Il banner di questa edizione è una delle infografiche realizzate per l'occasione da Amanda J. Smith e rilasciate sotto licenza creative commons
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