per l'Annesima volta non sarà l'Anno di Aharonov e BerryDopo un paio di mesi di silenzio torna la (non) rassegna scientifica in un'edizione snella e centrata sui Premi Nobel, che sono stati assegnati un paio di settimane fa. Quest'anno il premio per la fisica è stato assegnato a Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald per le prime osservazioni dell'oscillazione dei neutrini. L'unica difficoltà nell'assemblare questa edizione è stata scegliere dove pubblicarla: se ero abbastanza certo di non voler utilizzare DropSea per questa edizione, avevo comunque un dubbio sull'usare o meno il mio profilo Medium, ma alla fine ho optato per la tradizione, visto che SciBack l'ho tradizionalmente utilizzato per gli annunci dei Premi Nobel e per post conclusivi, di cui nei fatti questo è l'ottimo sostituto.
Peppe Liberti
Non mi dilungo troppo in ulteriori dettagli, né tecnini né fisici, considerando che i contributi che vi segnalerò presentano tutti, con gradi di approfondimento differenti, informazioni sulla questione. Per cui gettiamoci subito nel flusso neutrinico! Partirei con Sandro Ciralariello e i suoi neutrini che oscillano:
Se siete finiti qui è perché volete saperne di più e quindi ora proverò a raccontarvi un po' la situazione. Siccome non voglio che restiate delusi da questo post, provo a fare sin da ora un brevissimo riassunto di ciò che proverò a dire. In questo post vedremo: cosa sono i neutrini, cosa hanno misurato i Premi Nobel, cosa vuol dire che oscillano, le conseguenze e l'importanza dell'osservazione dell'oscillazione dei neutrini (che poi è la cosa che ha fatto vincere il Nobel ai due signori di sopra).Anche Annarita Ruberto propone un interessante approfondimento sulla questione: all'interno de I neutrini hanno massa linka anche altri suoi post neutrinici, utili per approfondire ulteriormente la lettura (e in generale tutte le letture che vi proporrò):
La ricerca dei neutrini è resa difficoltosa dalla loro elusività, dato che interagiscono molto raramente con la materia, pur essendo le particelle più abbondanti nell'Universo. Tale caratteristica consente loro di non essere assorbiti dalla radiazione di fondo e di attraversare imperturbati regioni che sono opache alla radiazione elettromagnetica, come l'interno delle sorgenti astrofisiche. Inoltre, essendo particelle neutre, non subiscono deflessioni causate dai campi magnetici galattici e intergalattici che impedirebbero di risalire alla direzione di provenienza. Mi sto riferendo ai neutrini di origine astrofisica (da binarie X, resti di supernovae galattiche, nuclei attivi galattici, gamma ray burst o lampi gamma). Ci sono, infatti, anche neutrini solari, neutrini atmosferici, neutrini terrestri, neutrini fossili, accomunati tutti dalla caratteristica di essere sfuggenti.A seguire ecco le spiegazioni di Giuliana Galati su Scientificast:
I neutrini furono previsti da Pauli nel 1930 e rivelati per la prima volta da Reines e Cowan solo 27 anni dopo, nel 1957: questo dimostra come siano elusivi e difficili da osservare. Nei decenni successivi, è stato possibile studiarne molte proprietà, Le prime indicazioni che qualcosa di fondamentale ci sfuggiva sono arrivate negli anni Settanta e Ottanta dopo l'esperimento Homestake: dal Sole arrivavano molti meno neutrini di quelli attesi.Su Oggiscienza, invece, ecco le spiegazioni di Cristina Da Rold:
Secondo il Modello Standard, che rappresenta oggi la “mappa” della fisica delle particelle che stiamo esplorando, il neutrino non dovrebbe essere dotato di massa. A livello sperimentale tuttavia, ben presto sono cominciati a emergere risultati che facevano sospettare che la massa del neutrino non fosse in realtà nulla, anche se è comunque molto molto piccola. Una serie di osservazioni rese possibili, come si sottolineva poc’anzi, proprio grazie ai grandi rivelatori di particelle di cui disponiamo oggi, e che non esistevano ai tempi di Pauli e di Fermi. Uno di questi rivelatori è appunto Super-Kamiokande, a cui lavora Takaaki Kajita.Anche Stefano Dalla Casa su Zanichelli aula scienza fornisce le sue spiegazioni sul Nobel:
Ce ne sono moltissime intorno a noi, sono addirittura le particelle più comuni nell’universo dopo i fotoni, eppure è difficilissimo rivelarle perché interagiscono poco con la materia. Si presentano inoltre in tre diverse forme: i neutrini elettronici sono così chiamati perché il loro corrispettivo elettricamente carico è l’elettrone, poi ci sono i neutrini muonici (relativi al muone) e i neutrini tau (relativi alla particella tau). Osservando i dati dei primi rivelatori di neutrini, c’era però qualcosa che non quadrava: per esempio il nostro Sole produce solo neutrini elettronici, eppure quelli effettivamente misurati erano solo un 1/3 di quelli che ci si aspettava in base ai calcoli. Che cosa succedeva? Una delle teorie più ardite era del nostro “ragazzo di via Panisperna” Bruno pontecorvo: nel 1968 il fisico ipotizzò che i neutrini potessero cambiare di identità, cioè oscillassero, come dicono i fisici, da tipo all’altro.Marco Castellani su Gruppo locale (vi linko la versione su Medium, dove per altro ho iniziato a scrivere anch'io) utilizza un po' di ironia e divertimento che non guastano mai:
Peraltro, che fantasia, chiamarli sapori... Solo per dire che questi neutrini, per fare gli spendidi (e dare fastidio a noi fotoni, ci giurerei), si presentano in giro in tre differenti versioni, ovvero neutrino elettronico, muonico e taonico). Siccome poi non si accontentano, riescono pure a passare da una versione... ops, da un sapore ad un altro, secondo quel fenomeno chiamato oscillazione del neutrino (banale trucco da prestigiatore di serie B, secondo la mia spassionata opinione).E questo mi sembra anche un ottimo punto per segnalare l'intervento di Marco Cameriero su G+:
Ma sapere che i neutrini sono dotati di massa è utile all'umanità?Grazie poi alla sempre più frequente presenza su Medium sono poi incappato in un veloce articolo di Andrea Capocci, che può essere considerata una versione semplificata di molti dei contributi segnalati quest'oggi:
Ho letto questo e commenti simili sul web
Nulla di nuovo all'orizzonte.
Le persone chiedono alla scienza di risolvere problemi concreti, di essere realmente (e immediatamente) utile al genere umano. Vogliono toccarne con mano i benefici, subito.
Per quanto comprensibile questo atteggiamento, denota però (purtroppo) una poca conoscenza di quelli che sono i meccanismi con cui la scienza si muove. Ed è proprio questa non conoscenza che aumenta le distanze, che ci fa sentire in diritto di decidere/giudicare cosa e dove la scienza dovrebbe investire tempo e risorse.
Kajita e McDonald hanno risolto la questione con due esperimenti analoghi. Kajita ha costruito un rilevatore di neutrini un chilometro al di sotto di una miniera di zinco a nord di Tokyo, mentre McDonald si è “nascosto” sotto un ex-giacimento di nichel dell’Ontario. In quelle condizioni estreme, dove solo i neutrini riescono a penetrare, Kajita e McDonald sono riusciti a contare (letteralmente) le particelle che giungono dall’atmosfera e dal Sole e a risolvere il mistero dei neutrini mancanti.E come da tradizione si conclude con l'assemblatore dell'edizione odierna e i neutrini trasformisti:
Ci sono anche due altri due differenti modi per osservare le oscillazioni: nei reattori e negli esperimenti che esaminano i fasci di particelle. In quest'ultimo caso mi preme ricordare che l'osservazione più recente delle oscillazioni del neutrino tauonico è dovuta a OPERA.Un doveroso ringraziamento finale al buon Juhan: senza il suo post sul Tamburo riparato (forse) qualcosa si sarebbe perso in questa edizione.
Anche quest'anno, Vera Rubin non ha vinto il @NobelPrizeAlla prossima edizione, che chissà quando e dove sarà (almeno fino a che resterò solo io a far girare il baraccone).
Amedeo Balbi
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