Qualche giorno dopo è arrivato nel mio ufficio Stefano Sandrelli per chiedermi di contattare Peppe e fargli scrivere un articolo per EduINAF su Piperno. Sono stato possibilista sulla faccenda, ma sapevo già che Peppe aveva cancellato il suo articolo, quindi avevo comunque qualche perplessità sulla proposta di Stefano. Inoltre c'era il rischio di generare polemiche intorno all'articolo, vista la storia politica di Piperno. Avevo, però, detto a Stefano che avevo seguito un corso con lui, durante la laurea in fisica, e questo fatto mi aveva in qualche modo seminato un'idea: scriverlo io un articolo su Piperno.
Le difficoltà cui accennavo sopra, però, continuavano a restare, e per evitarle avevo bisogno della chiave giusta per affrontare il ricordo di un fisico che, per molti versi (sia politici sia scientifici), è stato considerato un po' scomodo. E alla fine, come scrivo nell'introduzione dell'astrografica uscita su EduINAF, Di quando leggevo poesie sotto le stelle, in una giornata di caldo intenso a Milano, mi è venuta così, improvvisa, l'idea di dedicare, con uno stile un po' più fumettoso, un piccolissimo racconto di quando Piperno venne a raccontare le costellazioni in una sera d'estate a Domanico, il paese di mia madre.

L'idea, lì per lì, non mi sembrava malvagia, ma poi mio padre mi fece notare: se non vai all'università, cosa farai? E in effetti non era una domanda stupida, soprattutto perché nel momento in cui scegli il liceo scientifico, lo sbocco unico, almeno all'epoca, era proprio l'università. Questo mi fece anche mettere in prospettiva la posizione di Piperno, che in qualche modo era essa stessa un po' fuori tempo massimo, a voler essere buoni, perché raccontare tutta una serie di motivi anche sensati per cui evitare l'università a un gruppo di studenti che stanno concludendo il loro percorso di studi dentro un liceo scientifico è un po' come dirgli: avete sbagliato scuola.
Non posso dire che le cose andarono meglio come professore universitario. Per un colpo di fortuna, dei due corsi che usualmente teneva, quello di meccanica razionale quell'anno venne affidato a un altro professore, per cui fu un corso decisamente molto lineare. Invece il secondo corso lo tenne normalmente Piperno e chi conosce bene la mia memoria, si stupirà come di quel corso non ricordo né il nome né molte delle cose che ci raccontò. In effetti mi restarono impressi solo due concetti. Uno legato alla fisica, in particolare alle particelle virtuali e al principio di indeterminazione di Heisenberg.
L'altro, invece, non era per nulla connesso alla fisica: Piperno, infatti, sosteneva che eravamo usciti dalla natura, non ne facevamo più parte sin dal momento in cui avevamo iniziato a costruire delle città.
A modo loro entrambi questi concetti mi hanno influenzato. Per esempio l'idea di guardare al principio di indeterminazione di Heisenberg in termini leggermente differenti rispetto all'usuale l'ho poi ritrovata quando ho affrontato la teoria dei gruppi e la teoria delle rappresentazioni applicata alla meccanica quantistica. E anche la sua idea dell'essere umano uscito dalla natura è, in effetti, un altro punto di vista molto utile, perché da questa discende in maniera quasi automatica il come mai non siamo in grado di rispettare l'ambiente che ci circonda.
Raccontare tutto questo, come ho fatto in questo post, ma su EduINAF, non sarebbe stato né semplice, né soddisfacente, e anche evitando le questioni politiche sentivo che avrei rischiato di accendere comunque delle polemiche. Per cui, quando mi è venuta l'idea di puntare sulle sue capacità affabulatorie ripescando di quella serata in cui mi ritrovai a leggere alcune delle mie poesie mentre lui raccontava le costellazioni, ho iniziato a mettere su carta alcuni spunti per raccontare quel lontano ricordo.
E penso che alla fine sia stata decisamente la migliore idea per ricordare Franco Piperno.
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