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giovedì 25 novembre 2010

La natura dello spazio e del tempo


Titolo: La natura dello spazio e del tempo. Come capire l'incomprensibile
Autore: Stephen Hawking, Roger Penrose
Edizione: Rizzoli Bur
Prima di tutto allievo e maestro, quindi amici, e poi simpaticamente avversari in una serie di lezioni/conferenze tenutesi nel 1994 presso l'Isaac Newton Institute for Mathematical Sciences a Cambridge: sono Stephen Hawking e Roger Penrose i protagonisti de La natura dello spazio e del tempo, il testo che raccoglie le 7 lezioni che i due ricercatori hanno tenuto a una platea di studenti universitari.
La struttura delle lezioni è semplice: inizia Hawking, prosegue Penrose, alternandosi uno all'altro per 6 incontri, fino al 7.mo che in realtà è strutturato come una discussione/confronto tra i due protagonisti e gli studenti. Può essere interessante notare a questo punto, prima di entrare nel dettaglio, come la maggior parte delle domande sono state rivolte a Penrose, tra i due il matematico, piuttosto che a Hawking.
Al di là di questa curiosità, il libro si segnala per l'alto tasso tecnico del suo contenuto: non solo i due conferenzieri non risparmiano la quantità di informazioni scientifiche, la precisione e il tentativo di semplificare, ma propongono anche gli opportuni approfondimenti, fino ad arrivare alla proposizione delle equazioni matematiche all'uditorio e quindi anche alla versione cartacea.
Esempio è la classica equazione di Einstein: \[R_{ab} – \frac{1}{2} R g_{ab} + \Lambda g_{ab} = 8 \pi G T_{ab}\] Questa equazione ha, in un certo senso, una grande importanza per il lavoro di Hawking e Penrose, e per il semplice motivo che descrive la geometria curva o non euclidea del nostro universo.
All'interno di questo universo c'è poi la possibilità che esistano delle singolarità o meno: in generale uno spaziotempo si dice singolare se
(...) è uno spaziotempo di tipo tempo o nullo, geodeticamente incompleto, ma non può essere incluso in uno spaziotempo maggiore.
E' abbastanza noto che Hawking non veda di buon occhio la teoria delle stringhe, e uno dei motivi è proprio questa definizione di spaziotempo singolare. Secondo la teoria delle stringhe, infatti, il nostro universo dovrebbe avere una serie di dimensioni nascoste, e quindi il nostro spaziotempo quadridimensionale sarebbe immerso in uno spaziotempo maggiore, il che contraddirrebbe l'esistenza delle singolarità e quindi i teoremi che Hawking e Penrose hanno sviluppato. Oserei dire che, da buon scettico della teoria delle stringhe, l'esistenza dei buchi neri è probabilmente un forte indizio che tale teoria non sia completamente corretta, o comunque non abbia un effettivo corrispondente fisico per tutte le sue affermazioni.

Fracturing the fabric of space di nightmares06
Lasciamoci, però, alle spalle le facili polemiche sulla teoria delle stringhe e torniamo alle nostre singolarità, volgarmente dette buchi neri.
Nell'idea della relatività einsteiniana che ogni corpo dotato di massa deforma lo spaziotempo intorno a se, allora anche il buco nero deforma lo spaziotempo intorno a se. Le deformazioni che induce, però, generano una metrica differente rispetto al resto dello spaziotempo, e d'altra parte non potrebbe essere diversamente se uno degli effetti della sua presenza è una deformazione tale per cui nemmeno la luce, una volta entrata all'interno dell'orizzonte degli eventi del buco nero, è in grado di fuggire via.
Un esempio di una metrica buona per un buco nero è quella di Schwarzschild, che descrive un buco nero non rotante: \[ds^2 = - \left ( 1 - \frac{2M}{r} \right ) dt^2 + \left ( 1 - \frac{2M}{r} \right )^{-1} dr^2 +\] \[+ r^2 ( d \theta^2 + \sin^2 \theta d \varphi^2 )\] Banalmente metrica è sinonimo di distanza, e quindi una metrica, in particolare una come quella descritta sopra, serve per descrivere come varia, in maniera infinitesima, la distanza all'interno di uno spazio. Una metrica, in maniera ancora più generale e semplice, è dunque un modo per definire lo spazio geometrico.
D'altra parte Penrose indulge con una certa insistenza sul famoso gatto di Schrodinger, cercando di utilizzarlo per spiegare al meglio come l'ingresso della meccanica quantistica abbia cambiato in parte la comprensione dell'universo.

Il teorema dell'assenza di peli
E' questa una questione che, invece, non tocca Hawking, che d'altra parte propone nella sua presentazione anche delle simpatiche vignette, senza dimenticare il famoso Teorema dell'assenza di peli:
I buchi neri stazionari sono caratterizzati da massa $M$, momento angolare $J$ e carica elettrica $Q$.
Il teorema, dimostrato da Hawking insieme con Brandon Carter, Werner Israel e David Robinson negli anni Settanta, dipende dal fatto che durante il collasso di una stella in un buco nero, si perde una gran quantità di informazioni (in peli, o capelli), mentre le uniche cose che si conservano sono appunto massa, momento e carica.
Di materiale e di spunti interessanti il libro ne contiene molti altri, ma l'ultima nota di merito va all'editore, RCS, che ha avuto il coraggio di proporre in una edizione economica come quella dei Bur un libro che non è propriamente per tutti in una veste decisamente popolare.
Link: alcuni collegamenti interessanti e in parte legati con l'argomento della recensione odierna sono sicuramente La natura dello spazio e del tempo, un piccolo saggio di Corrado Ruscica (versione html) e Buchi neri di Leonardo Petrillo.

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