Chiedi a Dedalo di costruire un nascondiglio a CnossoE allora Dedalo costruì un labirinto, al cui centro vennero rinchiusi Pasifae e il figlio, il Minotauro. Lo stesso Minosse vagò per i corridoi del labirinto.
Eppure secondo la storia più classica a noi tramandata, oltre alla moglie e al mostro da lei generato, Minosse rinchiuse nel labirinto anche Dedalo e il figlio Icaro, che vennero successivamente liberati da Pasifae. E visto che Dedalo aveva costruito il Labirinto di Cnosso, non è difficile credere che gli fu facile uscirne. Era però impellente la fuga dal vendicativo Minosse, così Dedalo costruì delle ali con penne fissate con la cera
A risolvere il labirinto costruito da Dedalo, però, ci pensò Teseo, aiutato da Arianna, figlia legittima di Minosse, e dal famoso filo da questa consegnatogli. Questo è sicuramente un modo per risolvere un labirinto in tre dimensioni, ma evidentemente ce ne sono anche altri(1).
Ad esempio quello che vorrebbe utilizzare Guglielmo da Baskerville ne Il nome della rosa di Umberto Eco, recitandolo ad alta voce ad Adso durante la prima visita alla labirintica biblioteca e ripromettendosi di utilizzarlo per le volte successive:
"Per trovare la via di uscita da un labirinto," recitò infatti Guglielmo, "non vi è che un mezzo. A ogni nodo nuovo, ossia mai visitato prima, il percorso di arrivo sarà contraddistinto con tre segni. Se, a causa di segni precedenti su qualcuno dei cammini del nodo, si vedrà che quel nodo è già stato visitato, si porrà un solo segno sul percorso di arrivo. Se tutti i varchi sono già stati segnati allora bisognerà rifare la strada, tornando indietro. Ma se uno o due varchi del nodo sono ancora senza segni, se ne sceglierà uno qualsiasi, apponendovi due segni. Incamminandosi per un varco che porta un solo segno, ve ne apporremo altri due, in modo che ora quel varco ne porti tre. Tutte le parti del labirinto dovrebbero essere state percorse se, arrivando a un nodo, non si prenderà mai il varco con tre segni, a meno che nessuno degli altri varchi sia ormai privo di segni."Il giorno dopo, a mente più fresca, Guglielmo resta leggermente perplesso di fronte al metodo che proponeva solo alcune ore prima. Forse c'è bisogno di un aiuto esterno, suggerisce Guglielmo, aiuto che è presente, ad esmepio, nel labirinto di Villa Pisani, nel cui giardino è realizzato un complesso labirinto al cui centro è prevista una torretta di osservazione da cui l'osservatore cerca di guidare verso l'uscita gli intrepidi enigmisti, trasformando così un labirinto in 3 dimensioni in uno in 2. Comunque una soluzione senza aiuto esterno venne effettivamente realizzata, circa 5 secoli e mezzo più tardi rispetto agli eventi narrati nel romanzo di Eco. E' il 1882 ed Edouard Lucas nelle sue Récréations mathématiques propone un metodo che attribuisce a tale Trémaux. Vediamo come funziona:
Entriamo nel nostro labirinto. Prima o poi incontreremo un incrocio. Cosa facciamo? Per ogni incrocio nuovo, ovvero un incrocio dove non siamo ancora passati, la scelta della strada da imboccare è indifferente. Se alla fine della via imboccata si arriva a un vicolo cieco, allora si torna indietro e si prende un'altra strada, altrimenti si sceglie una strada qualsiasi al primo incrocio incontrato. E' sempre possibile giungere a un incrocio vecchio e scoprire che si sono percorse tutte le strade che portano a quell'incrocio: a quel punto, scelta una via vecchia, la si percorre, ricordandosi come regola generale quella di non percorrere nessuna strada più di due volte.
Martin Gardner semplifica tutto questo suggerendo l'accortezza di segnare il percorso del labirinto con una linea, ad esempio lungo il lato destro, ricordandosi di non prendere mai una via segnata su entrambi i lati, ovvero percorsa in ambo i sensi. Può essere anche utile tracciare una mappa del labirinto man mano che lo si percorre. Anche Bertrand Russell si interessa dei labirinti, e così propone di risolvere il labirinto di Hampton Court:
Il labirinto di Hampton Court sembra fatto apposta per spiegare la logica di Boole.In Alice il tema del labirinto è importante, ma più che Nel paese delle meraviglie è in Attraverso lo specchio che è più evidente. Non è un caso che entrambi i film disneyani, quello animato di Clyde Geronimi, Wilfred Jackson, Hamilton Luske e quello di Tim Burton, presentano il labirinto come tema di fondo. Lewis Carroll, tra l'altro, era anche un appassionato di labirinti: si narra che ne avesse disegnato uno sulla neve nel 1843, mentre intorno al 1852, all'età di vent'anni, realizzò un labirinto per i lettori della rivista di famiglia Mischmasch. Bisogna uscire dal rombo centrale e, probabilmente, si può passare sopra o sotto l'intrico di percorsi realizzati dal matematico, senza però poter attraversare le barriere poste lungo i percorsi stessi.
Per non perderti nel labirinto, dovevi scoprire se i sentieri avevano valore 1, cioé "porta all'uscita", oppure 0, cioé "non porta all'uscita".
Per cui, se un sentiero $X$ ha valore 1 fino a un certo punto e poi si divide in $Y$ e $Z$ allora, per procedere nella direzione giusta, dobbiamo calcolare la nostra scelta in questo modo: \[\left \lbrace \begin{matrix} X & & \\ Y \vee Z & = & 1 \end{matrix} \right . \quad \Rightarrow \quad Y=1, \; Z=1\] Sarebbe a dire: $X$ continua in $Y$ o $Z$ e mantiene il suo valore 1 sia nel caso ce l'abbia $Y$ oppure $Z$, sia nel caso in cui il valore 1 appartenga a entrambi. Ma assume valore 0 se entrambi $X$ e $Y$ hanno valore 0.(2)
Esaminare la progettazione di un labirinto attraverso la matematica, però, è anche un'avventura decisamente esaltante. Il problema dei labirinti è sostanzialmente un problema geometrico, anzi topologico (disciplina della matematica che nasce a partire dal problema dei sette ponti di Königsberg di Leonard Euler) e, nonostante non si sappia nulla sul modo in cui i labirinti dell'antichità venivano progettati, oggi si è sviluppato un metodo abbastanza semplice che riproduce i primi labirinti, alcune pitture rupestri, spiegando anche perché sembrano tutti sostanzialmente identici.
Si parte da una struttura di base, detto seme, che può essere costituito da una croce e tre punti per ciascun angolo (secondo Chris Sangwin e Chriss Budd), o da una croce e un punto e un angolo retto per ciascun angolo della croce (secondo Tony Philips). In entrambi i casi si traccia una figura unendo con degli archi i vari punti e vertici man mano che il nostro disegno cresce.
Restando con Sangwin e Budd, esiste un metodo interessante per risolvere un labirinto su carta o in 2 dimensioni alternativo al metodo classico, che poi è l'annerimento dei percorsi errati o inutili. Fissato il punto di partenza all'interno del nostro labirinto, si segue il tracciato iniziando dall'ingresso, identificato con una lettera, ad esempio la $A$. Ad ogni punto di decisione, sia esso un bivio sia esso un vicolo cieco, si assegna una lettera. Una volta trovati tutti i nostri punti di decisione, si disegna la rete equivalente al nostro labirinto. A questo punto se sulla nostra rete esistono uno o più percorsi che mettono in collegamento il punto di partenza con l'ingresso del labirinto, allora esiste un percorso equivalente all'interno del labirinto. La trasformazione di un labirinto in una rete in pratica ci riporta ai percorsi o reti euleriane. Questo vuol dire che i così detti punti di decisione di cui sopra altro non sono che nodi. Vale quindi la pena di ripassare le regole per le reti euleriane:
- Se in una qualsiasi rete ci sono solo nodi pari allora potete partire da un qualunque nodo e trovare un percorso che ritorna a quel nodo e che passa per ognuno degli altri nodi una e una sola volta
- Se la rete ha esattamente due nodi dispari, allora è possibile costruire un percorso che inizi da uno dei due e si concluda sull'altro passando per gli altri nodi una e una sola volta.
- Se la rete ha più di due noti dispari, allora non ci sono percorsi che completano il giro passando una e una sola volta su ciascun punto
Questa interpretazione, in un certo senso, potrebbe suggerire una spiegazione semplice a molti percorsi strani trovati nell'antichità (o ai fantomatici cerchi nel grano), probabilmente realizzati proprio con questo medesimo scopo.
(1) Tutta la parte leggendaria introduttiva viene da I miti greci di Robert Graves
(2) brano tratto da Logicomix di Apostolos Doxiadis, Christos Papadimitriou, Alecos Papadatos, traduzione di Paola Eusebio
(3) Un bell'articolo sui mandala, pubblicato anche di recente, è Conoscere se stessi con il mandala di Giusy Capozzi, dove però è presente una piccolissima nota stonata:
(...) perche' disegnare e soprattutto colorare un mandala puo' rivelare molti aspetti della nostra personalita', dare sollievo alla nostra psiche e, talvolta alleviare piccoli disturbi fisici.Certo c'è la presenza del talvolta, ma è chiaro solo se conosci la meditazione e i mandala: questa pratica difficilmente è in grado di alleviare, se non curare, i disturbi fisici, per quanto piccoli, se questi non sono di origine psichica (ad esempio il rigetto verso alcune particolari sostanze, che sembra fisico nel momento stesso in cui ripeschiamo il ricordo), che usualmente vengono detti (correggetemi se sbaglio) disturbi psico-fisici. Ciò, in ogni caso, nulla toglie alla gradevolezza dell'articolo di Giusy, che, fatto questo necessario distinguo, vi consiglio di leggere.
(*) Correzioni e aggiunte rispetto alla prima pubblicazione riguardo la fuga di Dedalo e Icaro dal labirinto sono state fornite da Piero Patteri: grazie!
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