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martedì 15 marzo 2011

Reattori a fissione nucleare

Quale è il principio fisico alla base di una centrale nucleare a fissione? In questo articolo si prova a mettere insieme un po' di fatti sui principi, ma anche sui problemi di sicurezza, utilizzando due saggi di Augusto Gandini e Maurizio Cumo contenuti all'interno di Conoscere Fermi, volume realizzato dalla Società Italiana di Fisica in occasione del centenario della nascita del nostro illustre Premio Nobel.
Si affronterà anche il discorso della sicurezza alla luce del fatto che i reattori a fissione usuali, per poter essere competitivi sul mercato energetico, devono lavorare vicinissimi al limite critico della reazione a catena incontrollabile. Gli unici sviluppi in questo campo, infatti, sono spesso stati più nella realizzazione di nuovi sistemi di sicurezza che non nella costruzione di sistemi altrettanto efficienti, ma più lontani dal limite critico e con una minore produzione di scorie radioattive.
La storia dell'energia nucleare inizia, volendo essere patriottici, nei laboratori di via Panisperna, nel gruppo di ricerca guidato da Enrico Fermi. Quegli studi lo portarono, una volta negli Stati Uniti, a collaborare con un altro grande pioniere della fisica nucleare, Robert Oppenheimer, direttore del famigerato Progetto Manhattan, quello stesso progetto che produsse le bombe che vennero gettate su Hiroshima e Nagasaki, e che venne poi modificato per usi civili nelle centrali nucleari.
Oppenheimer probabilmente si rendeva conto di quello che aveva sviluppato. Famose, infatti, le sue due affermazioni:
In un certo senso basilare che nessuna volgarità, umorismo o esagerazione possono dissolvere, i fisici hanno conosciuto il peccato; e questa è una conoscenza che non si può perdere.
(da una conferenza del 1947 presso il MIT)
riguardanti le bombe giapponesi sopra ricordate, o quella ancora più terribile
Sono diventato Morte, il distruttore di mondi
che il fisico ha ripreso dal Bhagavadgita(1) in occasione dell'esperimento del 1945 ad Alamgordo in New Mexico.
Il principio dietro la reazione (su cui si basano sia la bomba sia il reattore) è semplice: viene lanciato un fascio di neutroni contro dei nuclei pesanti (isotopi dell'uranio) e dalla cattura e successivo rilascio si ottiene un neutrone, un nucleo più leggero di quello di partenza ed energia.
Un'ottima e forse ancora più dettagliata descrizione di quanto appena detto viene da questo schema tratto da commons:
In effetti l'immagine racconta qualcosa di più: racconta della reazione a catena. L'efficacia del sistema, almeno per gli scopi del ricavare energia, dipende dal fatto che la reazione si auto-alimenti da sola, ma per fare ciò è necessario anche raggiungere un delicato equilibrio di tutti i componenti in modo da essere vicini al limite critico senza mai superarlo, o senza superarlo in maniera eccessiva. Per capire cosa sia questo limite critico abbiamo, innanzitutto, necessità di definire cosa è un sistema sottocritico.
Seguendo Augusto Gandini, possiamo definire un sistema sottocritico quel sistema per cui
(...) il numero dei neutroni nati dalla moltiplicazione per fissione sia inferiore a quello degli eventi di cattura.
Il punto nei calcoli quantistici, infatti, è proprio tenere conto degli eventi di cattura, ovvero quegli eventi che non si risolvono con il rilascio del neutrone. A questo sono anche da aggiungere tutti quegli eventi che si risolvono con una fuga del neutrone, ovvero la particella prodotta sfugge all'apparato costruito per contenerla, o perché prodotto in vicinanza del bordo, o perché in possesso di una energia sufficiente da consentirgli di sfuggire alla cattura. Anche questi neutroni sono importanti nel computo totale, infatti un sistema può risultare sottocritico anche nel caso in cui gli eventi di fissione siano superiori a quelli di cattura: in questo caso la differenza la faranno proprio i neutroni fuggiaschi.
Per avvicinarsi al limite critico bisogna dunque ridurre il numero di catture e di fughe dall'apparato, che dobbiamo immaginare come una serie di atomi di uranio (si utilizza prevalentemente l'uranio 238) immersi in un materiale che ha il compito di rallentare i neutroni, poiché quelli utilizzati per la fissione hanno alta velocità, così da poter liberare comunque dei quantitativi di energia che rendono lo sforzo utile. In questo modo le fissioni possono avvenire anche a basse velocità: ad esempio immergendo l'uranio all'interno della grafite.
Per migliorare ulteriormente l'efficienza del sistema, però, si è scoperto che realizzare una struttura regolare, un vero e proprio reticolo, è estremamente vantaggioso: il reticolo in questione è costituito dal combustibile circondato da quanto più materiale moderatore possibile.
Il punto fondamentale nella reazione è il raggiungimento della criticità. Questa viene rappresentata dal parametro $k_{eff}$, ovvero il fattore di moltiplicazione efficace: finché questo resta al di sotto di 1 si parlerà di reattore sottocritico. Il raggiungimento e il superamento di tale limite, però, è importante per massimizzare il guadagno energetico. Infatti scrive Gandini:
Se venisse superato il valore di criticità, se cioè il coefficiente di moltiplicazione $k_{eff}$ fosse maggiore di uno, la crescita temporale del flusso seguirebbe una legge esponenziale (...)
Peccato che superare il livello di criticità rende la reazione di fissione incontrollabile, abbiamo cioè una risposta esplosiva del sistema.
Eppure c'è ancora una possibilità di superare questo limite critico, avere una crescita esponenziale del flusso di neutroni all'interno nel nocciolo e mantenere la reazione controllata, e questa possibilità la concedono i neutroni ritardati
Per fortuna, mentre gran parte dei neutroni viene emessa immediatamente dopo l'evento di fissione, con tempi dell'ordine di 10-14 secondi (per questo si parla di neutroni pronti, cioè di emissione istantanea), una frazione (circa lo 0,75%), detta anche frazione $\beta$, nasce con ritardo (mediamente dell'ordine della decina di secondi). Questi neutroni vengono chiamati neutroni ritardati ed è proprio la loro nascita ritardata che consente la controllabilità dei reattori nucleari.
Grazie alla presenza di questi neutroni ritardati, si può superare, anche se di poco, il valore critico di 1, arrivando per esempio a 1,0075 per l'uranio 235. La zona a disposizione del flusso esponenziale, però, è decisamente piccola (e, ricordo, è quella zona che rende l'energia nucleare competitiva sul mercato energetico) e questo vuol dire che si può sempre entrare all'interno dell'incontrollabilità della reazione. Hanno dunque una certa importanza i sistemi di controllo, che però, proprio grazie ai famosi neutroni ritardati, hanno a disposizione tutto il tempo (una decina di secondi?) per entrare in azione.
Il sistema di controllo più efficace e sicuro, sviluppato proprio da Fermi, Weil e colleghi, è quello di far calare dell'ulteriore materiale moderatore all'interno del reticolo, in modo da aumentare la cattura dei neutroni, riducendo così il flusso efficace che porta alla fissione(2).
Tutto giusto? Tutto corretto? Sembrerebbe così, eppure è Maurizio Cumo a evidenziare le maggiori criticità dei reattori nucleari:
Lo stesso principio di funzionamento dei reattori nucleari, con le reazioni a catena, richiede che alcuni aspetti siano sempre tenuti ben presenti:
  • le radiazioni ionizzanti impongono un adeguato schermaggio;
  • i prodotti di fissione devono essere ben confinati;
  • il processo è dinamico per natura e richiede un adeguato controllo;
  • il calore generato non può essere fermato istantaneamente e un'adeguata refrigerazione è richiesta per molto tempo.
Queste condizioni, connaturate al processo possono essere soddisfatte in diversi modi, tanto che diversi tipi di reattore sono stati realizzati, seguendo però criteri comuni.
I sistemi di sicurezza si possono dividere in due categorie, quelli passivi, che sono costituiti dalle barriere al rilascio accidentale di radiazioni, e attivi, ovvero quelli attivati dall'intervento umano. Sono questi ultimi quelli evidentemente più usati in un reattore durante la sua vita (come abbiamo visto un reattore opera sempre al limite della fissione incontrollabile). Di questi sistemi di controllo due sembrano essere i più importanti: il moderatore aggiuntivo che viene calato nel nocciolo, che può essere attivo ma anche passivo, in caso di mancanza di corrente elettrica all'interno del reattore, e l'edificio esterno di contenimento.
Va notato, al riguardo, che la presenza di questa barriera ha costituito la fondamentale differenza fra le conseguenze esterne dell'incidente di Three Miles Island (praticamente nulle) e quelle assai gravi di Chernobyl
Nel caso di incidente, assume grande importanza la refrigerazione, per impedire che il nocciolo fonda e che la radiazione se ne vada a spasso per i fatti suoi, con incresciose conseguenze.
Altrettanto importante è la ridondanza del sistema di sicurezza: avere cioè apparati e protocolli differenti che rispondono al medesimo problema copre il maggior numero di possibili e anche improbabili incidenti che possono occorrere all'impianto, e questo vuol dire che un incidente può avvenire innanzitutto perché la sicurezza della centrale nucleare non era così perfetta come si voleva far credere. Non dimentichiamo anche che proprio la manutenzione dell'impianto e l'aggiornamento dei sistemi di sicurezza sono ingredienti essenziali per prolungare la vita delle vecchie centrali nucleari.
L'ultimo, spinoso problema da esaminare, quindi, è quello dello smaltimento delle scorie radioattive. Le scorie, o rifiuti radioattivi, si dividono in due categorie: quelli con tempi di decadimento brevi, intorno alle decine di anni (tipicamente 30), che possono essere facilmente contenuti compattandoli e sotterrandoli in appositi siti da controllare per un arco di tempo limitato, quelli a decadimenti molto più lunghi, dell'ordine delle ere geologiche. Per questi sono opportuni dei siti scelti ad hoc, geologicamente inattivi, lontani da qualunque biosfera, in particolare dall'acqua. Da tenere conto, poi, il fatto che
La loro radiotossicità diminuisce, in qualche decina di migliaia di anni, al di sotto del livello tipico dei depositi naturali di uranio.
Senza dimenticare, poi, che il loro isolamento assoluto non consentirebbe lo smaltimento della radiazione.
A questo punto Cumo si lancia in un confronto tra rifiuti all'interno dell'area europea:
Per avere una idea delle dimensioni del problema della sistemazione dei rifiuti, con un esempio vicino a noi, pochi anni fa nella Comunità Europea la produzione annuale di rifiuti industriali ammontava a circa 1000 milioni di metri cubi, di cui circa 10 milioni classificati tossici (con un tempo di decadimento infinito). La produzione totale di rifiuti radioattivi ammontava ad 80000 m3 (meno di 1/100 di quel valore), di cui ad alto livello di radioattività (e tempi millenari) circa 150 metri cubi (1/100000 di quel valore). Solo questi ultimi richiedono il deposito geologico, mentre gli altri 80000 m3 possono essere sistemati in depositi definitivi superficiali o sub-superficiali (poche decine di metri sotto terra) con un periodo di sorveglianza di trecento anni, dopo di che sono sostanzialmente decaduti ai livelli di radioattività dell'ambiente circostante e possono essere lasciati incustoditi (ovviamente entro i cassoni di calcestruzzo ed entro le matrici inerti che li contengono).
Personalmente non mi sembra molto corretto mettere insieme rifiuti che hanno problematiche e costi di smaltimento decisamente differenti. Il nucleare per essere una risposta veramente ecologica, dovrebbe essere esente dalla produzione di scorie in grado di modificare il dna stesso di un essere vivente.
A questo va aggiunto il discorso sulla sicurezza: una centrale nucleare è il simbolo dell'alta finanza, un correre sul filo del rischio, sempre in bilico su una corda testa come degli equilibristi, con l'unica differenza che in questo caso una sola rete non basta. Per funzionare gli attuali reattori devono sempre lavorare al limite o poco oltre, altrimenti perdono competitività, e questo fa inevitabilmente lievitare i costi di costruzione e sicurezza. E', però, per diminuire i rischi insiti negli usuali reattori nucleari a fissione che, come ricorda Cumo, alcuni gruppi di ricerca (uno guidato da Carlo Rubbia(3)) hanno cercato di sviluppare dei reattori sottocritici, che ovviamente presentavano degli indubbi vantaggi dal punto di vista della sicurezza e del controllo della reazione (non so se anche dal punto di vista delle scorie). Questi reattori, che avrebbero concesso al nucleare il vero salto di qualità tecnologico, probabilmente non sono realizzabili, considerando che Rubbia è uno dei fisici maggiormente critici nei confronti del nucleare. E per fortuna non è il solo.
In conclusione, i due illustri fisici, pur fornendo dell'ottimo materiale per imbastire una descrizione di un reattore nucleare a fissione, dimostrano una eccessiva fiducia nella tecnologia in esame, una fiducia che sembra andare nella direzione opposta a quella consapevolezza di morte di Oppenheimer da cui siamo partiti.
In inglese un articolo analogo a questo è How Nuclear Reactors Work, And How They Fail.
Augusto Gandini. Dalla Chicago Pile 1 ai reattori della prossima generazione, Conoscere Fermi (2001), pagg.223-241 (pdf)
Maurizio Cumo. Reattori e tecnologie nucleari: lo sviluppo nel mondo, Conoscere Fermi (2001), pagg.205-222 (pdf)
Aggiornamento: avendo concluso la stesura di questo post a notte avanzata (oltre le 4), ci sono un paio di dettagli che mi sono perso,come ad esempio gli articoli dove ho scritto, in un modo o nell'altro, di radiazioni: Perché queste segnalazioni doverose? Banalmente per la fuga di radiazioni, che sembra stiano iniziando a diffondersi anche oltre i confini nipponici: come ha ricordato su friendfeed Amedeo, non tutte le radiazioni sono uguali e dobbiamo tenere conto anche di questo nella valutazione del recente disastro di Fukushima. D'altra parte, come abbiamo visto, non tutte le scorie sono uguali e si stoccano in modi differenti: è sulla questione delle scorie più che sui disastri nucleari che si deve giocare il futuro dell'energia nucleare. E' per questo che ho cercato di essere il più scientifico possibile nell'articolo.
E visto che sono in fase di aggiornamento, ha senso proporvi un contributo più colloquiale rispetto al mio a firma sempre di Amedeo, Un po' di cose che so sulle centrali nucleari.
(1) La cultura orientale, cinese o indiana che sia, ha sempre colpito un grande interprete dei tempi moderni come lo sceneggiatore di fumetti Grant Morrison, che reinterpreta in questo modo la citazione di Oppenheimer:
Sono diventato la morte. La morte che scompagina il mondo.
La mette in bocca al fisico in Inferno in America all'interno della serie The Invisibles, uscita in Italia in prima edizione per la Magic Press e in ristampa per la Planeta DeAgostini.
Per ulteriori dettagli leggi La fisica degli Invisibili o una serie di articoli strettamente fumettistici.
(2) Dal punto di vista teorico questo vuol dire inserire un atomo con una sezione d'urto di assorbimento dei neutroni elevata. Per sezione d'urto si intende l'area efficace dell'urto o dell'interazione, che può coincidere con le dimensioni geometriche degli oggetti che si incontrano, come nell'urto tra due persone, o con l'area di interazione tra le forze che agiscono durante la reazione. La sezione d'urto, poi, è associata con la probabilità che l'evento urto avvenga: maggiore è questa sezione d'urto, più probabile è l'evento.
(3) Conceptual design of a fast neutron operated high power energy amplifier

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