Morto Gerone, però, il suo successore decise che era tempo di affrancarsi, come era successo con la Grecia a suo tempo, e anzi di sfidare la potenza di Roma. La flotta dei latini, guidata da Marcello, assediò Siracusa per 8 mesi e più, fino a che non riuscì a vincere la resistenza dell'inespugnabile cittadina siciliana. I soldati romani sciamarono, così, per le strade della città, con l'ordine, però, di non toccare Archimede e anzi di trarlo prigioniero con tutti i riguardi. Il buon scienziato, ormai intorno alla settantina, era però sulla spiaggia a tracciare cerchi e figure geometriche quando un armigero gli si avvicina invitandolo a seguirlo. Di fronte al rifiuto (doveva prima concludere ciò che aveva iniziato), il romano lo uccise e così finì la sua vita il personaggio più geniale dell'antichità, l'artefice di una così lunga resistenza contro quello che stava per diventare l'esercito più forte di tutti i tempi.
Le macchine che Archimede ideò erano varie e disparate e tra queste, secondo la leggenda, ci sono i così detti specchi ustori, con i quali incendiava le navi romane che si avvicinavano alla costa. Durante la conferenza dedicata ad Archimede, The Genius of Archimedes - 23 centuries of influence on mathematics, tenutasi a Siracusa dall'8 al 10 giugno 2010, Cesare Rossi della Federico II ha proposto una idea alternativa a quella leggendaria, la cui inefficienza era stata provata già da tempo: Archimede utilizzò un cannone a vapore. Le sue idee sono state da poco pubblicate negli atti del congresso in un articolo dal titolo Archimedes' cannons against the roman fleet?
Storicamente l'attacco e l'assedio dei romani contro Siracusa si colloca tra il 214 e il 212 a.C.: come leggenda vuole, Archimede bruciò le navi nemiche grazie all'uso di una serie di specchi ustori. L'ingegnere greco Joannis Stakas aveva già provato un sistema di questo genere nel 1974, sistema che poi verrà utilizzato per riscaldare i liquidi in dispositivi diffusi nei paesi in via di sviluppo.
Nonostante la prova sul campo, però, sono state molte le perplessità circa l'efficacia del sistema come arma (di difesa o offesa che sia): innanzitutto la nave, per incendiarsi, deve trovarsi nel fuoco dello specchio, e quindi o si sposta continuamente lo specchio stesso o si cambia la sua curvatura in modo tale da seguire i movimenti della nave, che certo non ha nessuna intenzione di restare ferma a farsi bruciare. Inoltre per bruciare una nave occorrono grandi quantità di energia, e molto probabilmente bastava un secchio d'acqua per spegnere le prime fiammelle e quindi scongiurare il pericolo. Tra le carte di Leonardo da Vinci, però, si trova un particolare disegno, lo schema di un cannone a vapore che egli attribuì ad Archimede e che chiamò architronito (o tuono di Archimede):
Architronito è una macchina di fine rame, invenzione di Archimede, e gitta ballotte di ferro con grande strepito e furore. E sasi in questo modo. La terza parte dello strumento istà in fra gran quantità di foco di carboni, e quando sarà bene da quelle infocata, serra la vite, d, ch'è sopra al vaso dell'acqua abc; e nel serrare di sopra la vite e' si distopperà di sotto, e tutta l'acqua discenderà nella parte infocata dello strumento, e lì subito si convertirà in tanto fumo che parirà maraviglia, e massime a vedere la furia e sentire lo strepido.Prima di Leonardo, però, è Petrarca che nel De Remediis Utriusque Fortunae descrive un dispositivo simile, assegnandolo anch'esso al genio del siracusano:
Questa cacciava una ballotta, che pesava un talento (una palla del peso tra i 26 e i 38 kg), sei stadi (una gittata di 1100 m).
Fa che 'l ferro cn sia pontato in mezzo la tavola, che gli è appiccata di sotto, a ciò che l'acqua possa in un tempo cadere d'intorno a essa asse.
(da Ms. B, f. 33 v.)
Straordinario, se non anche le palle di bronzo, che vengono scagliate con tuono orribile. Non era abbastanza l'ira di Giove che tuonava dal cielo, se il piccolo uomo (o crudeltà unita alla superbia) non avesse tuonato anche dalla terra: la violenza umana ha imitato il non imitabile fulmine, come dice Virgilio. E quello che di solito è scagliato dalle nuvole, e mandato con uno strumento sì di fuoco, ma infernale. Ed alcuni ritengono che questo sia stato inventato da Archimede, nel tempo in cui Marcello assediava Siracusa. Per la verità lo escogitò per difendere la libertà dei suoi cittadini, sia per allontanare sia per differire la rovine della patria; e voi vene servite, invece, per opprimere i popoli liberi o col giogo o con la distruzione. Questa peste non molto tempo fa rara, ora siccome gli animi sono succubi alle cose più malvagie, è comune come qualsiasi genere di armi.Ulteriore testimonianza, questa di prima mano, viene dallo storico greco Plutarco che nel suo Vite parallele, vol.II, Pelopida e Marcello 14-15, racconta che, durante l'assedio di Siracusa, i romani ad un certo punto videro spuntare un tubo e subito dopo Archimede stava iniziando a sparare qualcosa contro di noi.
Dalle ricerche di Simms, poi, sembra che il matematico Tartaglia scrisse che Valturio, ingegnere e letterato italiano, nel suo trattato De re militari, asseriva che Archimede aveva progettato un dispositivo in grado di sparare pietre grandi e pesanti.