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mercoledì 18 marzo 2009

Guarda che Luna!

Nel centro della zona Brera, a Milano, in una apparentemente strana connessione tra arte e scienza, all'interno dell'edificio che ospita la Pinacoteca, il visitatore può trovare la Biblioteca Nazionale Braidense, l'Accademia delle Belle Arti, l'Orto Botanico e l'Osservatorio Astronomico. Questa commistione viene ben riassunta dalla bella mostra per immaggini Guarda che Luna!, dal titolo della famosa canzone di Fred Buscaglione.
La mostra, allestita nella Sala Maria Teresa della Biblioteca Braidense, nasce dalla collaborazione tra la Biblioteca stessa e l'Osservatorio: le venti e più bacheche allestite raccontano una sorta di storia delle osservazioni celesti e della Luna in particolare, protagonista della mostra per molti motivi.
Andiamo, però, con ordine. Nell'incontro con la curatrice della mostra, Agnese Mandrino, ho avuto modo non solo di sentire dalla sua viva voce la descrizione dell'allestimento, ma anche di apprezzare, al di là dell'interesse del fisico verso questa materia, le immagini scelte per la mostra.
L'idea dell'allestimento è quella di mostrare i libri che hanno fatto la storia dell'astronomia: si inizia con le immagini di Urania, il simbolo dell'universo e dell'osservazione celeste, passando per un pezzo d'arte e scienza come l'Astronomicum caesareum di Pietro Apiano. Una teca, poi, viene dedicata ai sistemi astronomici tolemaico e copernicano: un modo semplice ma anche efficace per rappresentare il cambiamento tra un sistema di pensiero ad un altro. Le differenze tra i due sistemi, in effetti, non sono molto a vedersi, ma sono fondamentalmente importanti: mentre il sistema tolemaico aveva col tempo acquisito significati anche simbolici, alchemici e astrologici, il sistema copernicano li faceva cadere, poiché mettendo al centro il Sole, anche la simbologia dietro al sistema planetario andava improvvisamente a subire dei seri attacchi scientifici. La saggezza e gli insegnamenti, comunque, di alcune osservazioni pre-copernicane non vengono a decadere completamente, come dimostrano le citazioni di accompagnamento alle immagini: soprattutto nella prima parte la fa da padrone William Shakespeare, che ha spesso descritto in maniera efficace i sentimenti degli esseri umani.
Una delle immagini più belle della mostra, comunque, considerata da alcuni anche una delle più belle incisioni in assoluto, è quella realizzata da Francesco Curti per l'Almagestum novum di Giovan Battista Riccioli. L'autore del libro, un gesuita, con grande umiltà innanzitutto accetta le osservazioni di Galileo Galilei, che cambiano il cielo, ma al tempo stesso propone una spiegazione alternativa alle stesse. I due sistemi, quello di Riccioli e quello di Copernico, sono pesati su una sorta di bilancia celeste, mentre quello di Tolomeo viene scartato. Intorno alla pesata (favorevole al sistema di Riccioli) si svolge una scena simbolica i cui protagonisti sono Argo, che rappresenta l'astronomo, e Astrea/Urania, simbolo dell'astronomia. Intorno a loro un gruppo di angeli che sorreggono i pianeti mentre cantano salmi.
Un'ampia parte della mostra viene dedicata al Firmamentum Sobiescianum di Johannes Hevelius: questa sezione, aperta dalla prima immagine di una donna astronoma, la moglie di Hevelius Catherina Elisabeth Koopman ritratta al lavoro insieme al marito nel loro osservatorio di Danzica, prosegue con le immagini del restauro avvenuto presso la Biblioteca Braidense del volume di Hevelius(1).
La metà della mostra e l'ingresso nella nuova era viene sancito da una teca con all'interno il Sidereus Nuncius: pubblicato nel 1610 (quasi 400 anni fa), rappresenta il primo, vero e ufficiale momento in cui Galileo espone le sue osservazioni celesti. L'opera, in latino, viene mostrata al pubblico aperta sulle pagine rappresentanti la Luna come l'aveva osservata lo scienziato pisano. Da lì in poi la rivoluzione: si passa dall'osservazione del cielo con gli occhi (in quest'ambito il più grande fu Tycho Brahe, le cui osservazioni a occhio nudo furono di altissima precisione) a quella con gli strumenti, il cui progresso tecnico viene descritto da alcune illustrazioni ben conservate.
Passati così gli aspetti tecnici dei primi secoli di un'astronomia completamente rinnovata non solo nell'osservazione, ma anche negli intenti(2), la mostra presenta le prime immagini della Luna post-Galileo: la più bella e precisa è sicuramente quella di Riccioli e Grimaldi per Astronomiae reformatae, dove Riccioli propone la nomenclatura lunare ancora oggi utiizzata. Osservando la pagina originale, fate caso a questa frase:
Nec Homine Lunam incolunt.
Nec Anime in Lunam migrant.
(Non ci sono uomini sulla Luna, né anime vi migrano)
Un bel salto di qualità, considerando come nell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto (una copia del quale è presente nelle teche, aperta proprio alla pagina del volo sulla Luna) non solo il viaggio sul satellite terrestre avviene attraverso un carro magico, ma lì sulla Luna vanno a finire tutte le cose perse dagli esseri umani. La sezione sulla letteratura lunare, però, non poteva essere completa senza Jules Verne e le copie di Dalla Terra alla Luna e Intorno alla Luna. Non sono state le prime né sono state le ultime opere sulla Luna, ma certo sono state tra le più affascinanti di tutti i tempi: Verne, in fondo, ha anticipato, e anche con una buona precisione, il primo allunaggio. Il 20 luglio del 1969, infatti, Neil Armstrong e Buzz Aldrin sono atterrati sulla Luna, sancendo da una parte la conclusione di un sogno e dall'altra una vittoria importante nel corso della guerra fredda: questa parte storica è documentata da uno dei primi atlanti fotografici lunari(3), da un servizio della Rai realizzato per i 25 anni dell'allunaggio, e da una sierie di quotidiani italiani dell'epoca che uscirono nei giorni subito prima o subito dopo l'allunaggio statunitense.
La mostra risulta semplice e al tempo stesso ben approfondita: ottima l'idea di realizzare un prodotto che potesse essere apprezzato soprattutto con gli occhi e descritto con semplicità nelle didascalie. Una mostra del genere dovrebbe, in effetti, stuzzicare l'appetito ai più curiosi (e non solo) per approfondire argomenti che oggi, forse troppo spesso, come scienziati diamo per assodati.
(1) Il Firmamentum venne pubblicato postumo nel 1690 dalla moglie di Hevelius, Catherina: l'astronomo polacco morì un paio di anni prima a causa di una lunga malattia, probabilmente generata dall'incendio del suo osservatorio. Nonostante la ricostruzione dello stesso, Hevelius non riuscì mai più a riprendersi fino a spegnersi lentamente nel 1687.
(2) Con Galileo, come ho già avuto modo di spiegare, si passa da un'astronomia strettamente connessa con l'astrologia, ad una scienza vera e proprio in cui l'osservazione del cielo e del suo funzionamento diventano centrali nell'attività di un astronomo.
(3) La Luna, comunque, è stata uno dei primi oggetti verso cui i primi fotografi hanno indirizzato l'obiettivo: J. M. Dropper, nel 1840, a New York, fu il primo a fotografare il nostro satellite. La mostra presenta la foto di Richard Proctor sulla Luna per il libro The moon: risulta evidentemente incollata sul risvolto della copertina, questo perché la stampa delle foto era un procedimento lungo e costoso.

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