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martedì 24 novembre 2009

Il ciclo dell'acqua

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Per ciclo dell'acqua si intende il processo che genera, in un ciclo quasi chiuso, le nuvole a partire dall'acqua planetaria, le quali a loro volta rigenerano le acque terrestri attraverso le piogge.
Partendo dalle acque superficiali, il ciclo inizia con l'evaporazione, da cui il vapore acqueo che costituisce le nuvole che solcano, a varie altezze, il cielo sopra le nostre teste. Una piccola percentuale, l'1% circa, proviene dalla trasporazione delle piante.
Una volta nei cieli, l'acqua terrestre diventata nuvole, ricade sulla terra sotto forma di pioggia, ma anche grandine e neve (come effetto collaterale, le precipitazioni riportano sulla superficie parte degli agenti inquinanti catturati nel processo di formazione delle nuovole, ma questa è un'altra storia).
Parte delle precipitazioni vengono poi catturate dalle piante, mentre una parte si infiltra nel suolo per alimentare le acque sotterranee, che si muovono molto più lentamente di quelle superficiali. Queste ultime, invece, costituite da fiumi, torrenti, laghi, alimentano mari e oceani e forniscono buona parte dell'acqua potabile che consumiamo ogni giorno, imbottigliata per quattro soldi dalle multinazionali e poi rivenduta dieci volte e più rispetto al prezzo di affitto.
Tornando, però, al discorso iniziale, del ciclo dell'acqua e della sua importanza nello sviluppo della civiltà umana, può essere interessante recuperare Paperino e la storia dell'acqua dolce di Bruno Concina per i disegni di Giorgio Cavazzano. Pubblicata per la prima volta su Topolino #1587 (ultima ristampa sul Super Disney #35 di 4 anni fa), la storia oltre al ciclo delle acque di cui sopra, racconta come sin dal tempo degli Assiri e poi degli Egizi, l'acqua ha avuto una grande importanza per scambi commerciali, culturali e spostamenti.
L'acqua, dunque, è un elemento essenziale nella sopravvivenza degli esseri viventi, e presto anche gli animali selvaggi dovranno pagare all'azienda di turno una quota per abbeverarsi al fiume da cui si servono di solito: questo perché sempre più governi nel mondo ritengono che gestire la distribuzione dell'acqua è diventato troppo oneroso, e quindi gli acquedotti e la rete idrica vengono privatizzati, ovvero la loro gestione viene affidata a privati. Ultimo in ordine di tempo è il governo italiano che perfeziona la norma introdotta nella finanziaria dell'agosto dello scorso anno con quella che ormai viene da più parti chiamata come la privatizzazione dell'acqua. In effetti non è tanto la privatizzazione dell'acqua in se, quanto la privatizzazione del servizio, che proprio per la sua essenzialità ora dovrà essere pagato, pena la chiusura dei rubinetti.
La rapacità dei privati, però, insegna che il passo verso la richiesta di soldi non solo per l'acqua che beviamo, ma anche per quella piovana e forse anche per quell'80% contenuto nei nostri corpi non è poi così breve o fantascientifico.
In questa situazione, in cui i paesi che gestiscono in maniera limpida e con poche leggi semplici la cosa pubblica, come la Germania o la Svezia, diventano sempre meno, mentre negli altri il processo di privatizzazione sembra continuo e inarrestabile. I vantaggi (apparenti) di questo processo sono molteplici: da una parte i rappresentanti non sono più (apparentemente) oberati da problemi come la gestione dei conti comuni (i soldi delle tasse vengono utilizzati per gli stipendi dei dipendenti comunali e delle emergenze e non più per la gestione dei servizi pubblici), mentre dall'altra il privato, che viene sempre ammantato di un'aura di efficienza e precisione, può fornire una merce... pardon, un servizio migliore al cittadino. Peccato che in tutto questo, in linea di principio, il privato non dovrebbe prendere un centesimo di finanziamenti pubblici (salvo poi l'emendamento di leggi nazionali o locali opportune per aiutare l'amico, il parente, il mafioso di turno), quindi la privatizzazione verrebbe a costare di più al cittadino sia in termini di costi effettivi del servizio, sia in termini di stipendio per i lavoratori (le coop ospedaliere evidentemente non hanno insegnato nulla ai nostri illuminati governanti).
Il fallimento delle amministrazioni, locali e nazionali (le privatizzazioni servono innanzitutto a questo: nascondere la cattiva gestione della cosa pubblica), è uno dei punti cardine dell'interessantissima Zio Paperone e la valanga dei Bop di Giorgio Pezzin per i disegni di Guido Scala (prima edizione su Topolino #1904, ultima ristampa sui Classici #391 di quest'anno). In questo caso il collasso dei conti pubblici porta a una privatizzazione dei servizi decisamente particolare: ogni cittadino è in pratica creditore del comune di Paperopoli per la mancata restituzione del denaro prestato e così, su suggerimento di Paperone, il Comune affida ai cittadini la gestione di spazi pubblici in ragione dell'ammontare del credito accumulato.
Se a questo punto pensiamo alle tasse come a del denaro che abbiamo prestato ai nostri amministratori e rappresentanti e che ci deve essere restituito attraverso i servizi, è semplice innanzitutto concludere quanto sia assurda la gestione della cosa pubblica attraverso un libro mastro, e poi quanto in realtà sia assurda l'idea stessa di privatizzare un servizio pubblico come ad esempio la gestione della rete idrica. Un comune, una amministrazione pubblica ha dei conti da ripianare? Invece di svendere i propri servizi, dovrebbe semplicemente restituirli ai cittadini, anche arrivando alla soluzione estrema proposta da Pezzin e Scala.

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