Dio decide di incontrare Stephen Hawking per discutere sulla formazione dell'universo. In quanto onnisciente, in ogni luogo e in ogni dove, escogita di interpretare tutti i personaggi che avranno a che fare con la vita dello scienziato.
Con Dio e Stephen Hawking siamo all'eterno, attuale, indispensabile dibattito tra scienza e fede.
E più in generale al rapporto tra laicità e religioni.
Un dibattito di cogente attualità che riguarda sia misere contingenze (pacs, eutanasia, fecondazione assistita, teo-con, laici devoti), sia problematiche filosofiche.
Soprattutto, però, riguardale vere o presunte guerre di civiltà, gli ormai cronici conflitti mondiali, le grandi trasformazioni in atto nel nostro mondo. E anche la qualità e la sopravvivenza della democrazia.
Robin Hawdon, conosciuto autore inglese, tratta questa storia in forma di commedia ma scrive con estrema perizia e conoscenza le varie argomentazioni scientifiche. Spettacolo e divulgazione. Intelligenza e divertimento. In una parola, Teatro.
Con la messinscena di Dio e Stephen Hawking abbiamo l'ambizione di voler portare anche noi, operatori teatrali, uno stimolo e un contributo per poterci confrontare, incontrare e coinvolgere con personalità del mondo cultural-scientifico; nei luoghi dove si svolgono le discussioni e si sviluppano idee e cultura attorno a questi temi fondamentali.
Siamo convinti che in un'era di comunicazione iperveloce, di mass-media ansiotecnologici, di sogni che oramai sono fatti della stessa materia dei reality, il teatro sia il ragionevole recupero della dimensione del tempo. Dell'approfondimento della materia. Dello sviluppo mentale e vitale dell'umana energia. L'universo dove si può e si deve accrescere l'autonomia di pensiero e la capascità critica.
Stomachion
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domenica 23 maggio 2010
Dio e Stephen Hawking
Giovedì 27 maggio, alle 18, ingresso libero fino ad esaurimento posti, presso il Teatro Franco Parenti a Milano, lettura del testo Dio e Stephen Hawking di Robin Hawdon, con Sabrina Colle, Pietro Micci, Vittorio Viviani, Annagaia Marchioro:
mercoledì 19 maggio 2010
Fullerene: storia di una nanoparticella
fullerene.
Agli inizi degli anni Ottanta del XX secolo, Tullio Regge e Mario Rasetti si trovarono a contemplare, durante un congresso, una forma geometrica strana, costituita da facce pentagonali ed esagonali. I due, allora, iniziano a immaginare se, in natura, potesse esistere una molecola con questa struttura e simmetria: dalle loro elucubrazioni fondamentalmente giocose (vedi, per esempio, il pranzo tra Fermi e altri - Emil Konopinski, Edward Teller, Herbert York - che ha dato origine all'equazione di Drake), nasce un articolo "serio", Dimer covering and Ising model on lattices homogeneous under the icosahedral group(1).
Durante la presentazione di Astri e disastri, Stefano Sandrelli dell'Osservatorio Astronomico di Brera, per sottolineare il potere del gioco e dell'immaginazione nei processi mentali umani e nel progresso scientifico, racconta un episodio sulle origini del
Agli inizi degli anni Ottanta del XX secolo, Tullio Regge e Mario Rasetti si trovarono a contemplare, durante un congresso, una forma geometrica strana, costituita da facce pentagonali ed esagonali. I due, allora, iniziano a immaginare se, in natura, potesse esistere una molecola con questa struttura e simmetria: dalle loro elucubrazioni fondamentalmente giocose (vedi, per esempio, il pranzo tra Fermi e altri - Emil Konopinski, Edward Teller, Herbert York - che ha dato origine all'equazione di Drake), nasce un articolo "serio", Dimer covering and Ising model on lattices homogeneous under the icosahedral group(1).
martedì 18 maggio 2010
Ritratti: Bertrand Russell
La matematica, rettamente concepita, non possiede soltanto la verità, ma la suprema beltà, beltà fredda e austera, come quella della scultura, senza ricorsi alle debolezze della nostra natura, senza i fastosi ornamenti della pittura o della musica, ma d'una purezza sublime e capace d'una severa perfezione, quale soltanto l'arte più elevata può raggiungereNon è un caso che Bertrand Russell, logico e matematico, parli di bellezza in matematica, visto il suo interesse verso il paradosso dei barbieri di Lewis Carroll, un altro grande divulgatore e studioso della disciplina, che ha fatto della bellezza della matematica e soprattutto del suo lato giocoso un punto caratteristico di tutta la sua carriera. Ciò che, però, unisce più strettamente i due personaggi, è sicuramente l'interesse per la logica.
(Bertrand Russell, citazione dal Carnevale della Matematica #25)
Russell, nato il 18 maggio 1872, divenne ben presto orfano di madre e padre, crescendo così con i nonni, in un ambiente strettamente puritano: in questa situazione la passione per la matematica divenne l'unica fonte di sollievo per il giovane Bertrand. Si sposò nel 1894 con Alys Pearsall Smith, di pochi anni più giovane di lui, ma si separarono nel 1911, dopo un matrimonio fitto di tradimenti da parte del matematico nei confronti della moglie. Questo in un certo senso fu solo l'inizio in una complessa vita matrimoniale, costellata da 4 mogli, mentre dal punto di vista accademico si laureò a Cambridge, dove si iscrisse nel 1890 per studiare logica e filosofia, e nel 1908 divenne assistente di John Ellis McTaggart al Trinity College. Dopo una serie di viaggi (Russia, Cina, con in mezzo la prima guerra mondiale), e un periodo passato a Oxford, si trasferì negli Stati Uniti nel 1939 presso l'UCLA, per poi tornare al Trinity nel 1944.
lunedì 17 maggio 2010
I rompicapi di Alice: La logia, le carte e i tre barbieri
Uno dei crucci più grandi di Lewis Carroll era quello di raccontare nel modo più semplice possibile la logica ai suoi giovani lettori. L'interesse, quindi, verso i paradossi della logica era sempre ampio e sfociò nella pubblicazione dello sfortunato tomo Logica Simbolica e nella proposizione de Il gioco della logica, una sorta di gioco da tavolo su uno schema quadrato sviluppato a partire dal sistema proposto nel 1761 da Leonhard Euler. Nelle intenzioni di Carroll, il gioco doveva essere fruibile dai bambini della scuola materna, ma nei fatti risultò molto più complesso e all'epoca (e forse anche oggi) poco utile per la diffusione della logica tra i giovani. L'idea era quella di utilizzare, attraverso alcune regole di base, uno schema nel quale realizzare la tavola della verità di una data affermazione.
L'esigenza di determinare la verità o la falsità delle varie affermazioni per Carroll può essere intesa come un'anticipazione della sua importanza per la nostra società. Esempio ne è Vero o falso?, uno dei capitoli di Pane e bugie di Dario Bressanini (vedi il resoconto della presentazione del libro), dove il chimico e divulgatore racconta dell'esperimento di Peter Wason del 1966, leggermente modificato rispetto alla proposizione originale:
Prendiamo 4 carte da gioco, di cui due hanno il dorso scuro e due il dorso chiaro, e due rappresentano una figura e due un numero. Queste vengono disposte sul tavolo, due con la faccia in su e due coperte. A questo punto il banco fa la seguente affermazione:
Generalmente le frasi e i ragionamenti logici possono essere ridotti a una serie di semplici frasi legate tra loro da particolari operatori logici. Ogni frase viene generalmente indicata con una lettera, spesso maiuscola. Per esempio l'affermazione di cui sopra sulle carte da gioco può essere suddivisa in due frasi più semplici: P, la carta ha il dorso scuro, e Q, la carta è una figura, e la frase completa può essere rappresentata come:
L'esigenza di determinare la verità o la falsità delle varie affermazioni per Carroll può essere intesa come un'anticipazione della sua importanza per la nostra società. Esempio ne è Vero o falso?, uno dei capitoli di Pane e bugie di Dario Bressanini (vedi il resoconto della presentazione del libro), dove il chimico e divulgatore racconta dell'esperimento di Peter Wason del 1966, leggermente modificato rispetto alla proposizione originale:
Prendiamo 4 carte da gioco, di cui due hanno il dorso scuro e due il dorso chiaro, e due rappresentano una figura e due un numero. Queste vengono disposte sul tavolo, due con la faccia in su e due coperte. A questo punto il banco fa la seguente affermazione:
Se una di queste quattro carte ha il dorso scuro, allora è una figuraLa domanda è: quali sono le carte che bisogna voltare per verificare o meno tale affermazione? Per maggiori dettagli vi suggerisco di leggere Cercasi conferma disperatamente, post che ha fornito il materiale per il capitolo citato sopra. Di quell'articolo e del capitolo citato, in questa sede ci interessano in particolare i dettagli logico-matematici, proposti in una nota apposita:
Generalmente le frasi e i ragionamenti logici possono essere ridotti a una serie di semplici frasi legate tra loro da particolari operatori logici. Ogni frase viene generalmente indicata con una lettera, spesso maiuscola. Per esempio l'affermazione di cui sopra sulle carte da gioco può essere suddivisa in due frasi più semplici: P, la carta ha il dorso scuro, e Q, la carta è una figura, e la frase completa può essere rappresentata come:
sabato 15 maggio 2010
La rifrazione dell'aragosta
Sul primo numero del Canemucco di Makkox, La vasca, nella seconda scena ambientata in una pescheria, si svolge il seguente dialogo:
Si sa che la luce, attraversando un mezzo, viaggia ad una velocità massima inferiore rispetto al vuoto e che per ogni mezzo che attraversa sperimenta una velocità differente. Quindi quando la luce viaggiando passa da un mezzo a un altro (dall'aria all'acqua, ad esempio), il raggio luminoso subisce una deviazione nel suo percorso. La legge che regola gli angoli di incidenza sulla superficie di separazione è detta legge di Snell
Settimino: Eccola qui, la più piccoletta m'è scappata, va bene lo stesso questa però, che ne dite Don Mimì? Non è tanto grossa, quella è l'acqua che la fa sembrare chissaché.Ovviamente qui non facciamo vabbuò, ma anzi cercheremo di spiegare un po' cosa è la rifrazione.
Mimì: Hmff... Tu dici che a me sembra così grossa per via della rifrazione?
Settimino: ...
(eccezionale la sua espressione tra lo stupore e la perplessità: sai che sta per tirare fuori una battuta pippesca)
Settimino: 'on Mimì, ma figuratevi se io volevo significare che voi tenete 'sta cosa... 'sta rinfranzione che vi fa vedere le cose storte! Maperlamoriddio!
Tengo mio figlio un poco astigmatico e figuratevi se scherzo su 'ste disgrazie. Io volevo dire che le aragoste nella vasca sembrano...
Mimì: Tranquillo Settimì, HeHe... ho capito. La rifrazione è quel fenomeno per cui.. Vabbuò: tira fuori 'sta creaturella, fammela vedere.
Si sa che la luce, attraversando un mezzo, viaggia ad una velocità massima inferiore rispetto al vuoto e che per ogni mezzo che attraversa sperimenta una velocità differente. Quindi quando la luce viaggiando passa da un mezzo a un altro (dall'aria all'acqua, ad esempio), il raggio luminoso subisce una deviazione nel suo percorso. La legge che regola gli angoli di incidenza sulla superficie di separazione è detta legge di Snell
lunedì 3 maggio 2010
Agorà
agorà era il centro della polis, la piazza principale, il punto nevralgico per i commerci (vi si svolgeva il mercato), la religione (vi si affacciavano tutti i templi più importanti), la politica (è lì che si svolgevano le assemblee cittadine). Assume quindi una valenza importante all'interno dell'economia della storia il titolo del film di Aleyandro Amenabar, Agorà. In effetti la storia descritta dal regista spagnolo ruota attorno a due personaggi: la matematica Ipazia, la cui storia viene narrata negli anni turbolenti che ne hanno preceduto la morte, e l'agorà della città di Alessandria, quella della
mitica biblioteca protagonista anche di una storia disneyana di Don Rosa, I guardiani della biblioteca perduta.
La storia è abbastanza semplice e nota ormai da tempo a tutti i frequentatori del Carnevale della Matematica: Ipazia, matematica e astronoma, visse tra la fine del 300 e gli inizi del 400 nella città portuale di Alessandria, dove insegnava nella locale università. Probabilmente a causa della sua posizione di insegnante e delle sue idee scientifiche, politiche e religiose, venne uccisa dai primi cristiani d'oriente, ritenuta soprattutto dai capi religiosi della cristianità alessandrina personaggio pericoloso ed eccessivamente influente sul prefetto Oreste. La morte avvenne per lapidazione (informazioni, secondo la wiki, tratte dallo storico Socrate Scolastico, che in ogni caso riteneva le accuse a Ipazia come calunnie causate dall'invidia).
La vita romanzata di Ipazia secondo Amenabar si intreccia, poi, sia con Oreste, sia con Sinesio, vescovo d'occidente (non è un caso la sua veste bianca), sia con il suo giovane schiavo Davo, poi liberato dalla stessa Ipazia subito dopo la presa della Biblioteca da parte dei futuri ortodossi. A questi non dimentichiamo di aggiungere l'intransigente vescovo di Alessandria, Cirillo, poi divenuto santo della chiesa. Andiamo, però, con ordine, prima di creare confusione.
Lo scisma tra chiesa d'oriente (ortodossi) e chiesa d'occidente (cattolici) risale ufficialmente al 1054(1), ma fonda le sue radici nei secoli precedenti e uno dei protagonisti è evidentemente proprio Cirillo: non credo, infatti, che sia un caso l'utilizzo di vesti scure per il vescovo di Alessandria e per la sua ronda, i parabolani, rappresentati come assassini e persecutori di ebrei (con cui formarono una prima, labile alleanza), pagani e cristiani eretici. E non è certo un caso che Sinesio, vestito di bianco, cerchi di utilizzare la diplomazia e il buon senso per salvare Ipazia. Quest'ultima, invece, comprendendo che ormai tutto è perduto, nel suo ultimo giorno di vita, decide di andare per la città di Alessandria a piedi, mentre sempre secondo Scolastico ella viaggiava sul suo carro: evidente l'intento di Amenabar di aumentare la tensione drammatica e di rappresentare eroicamente l'ultimo gesto della matematica. Il panico finale e il conforto tra le braccia di Davo, che pietosamente la soffocherà per non farla soffrire durante l'inevitabile lapidazione, sembrano un modo di riconciliare la cristianità moderna con la morte, il sangue e l'orrore che attraversò quella parte della storia umana.
In effetti il film può essere letto come una denuncia contro la violenza e l'intolleranza, contro l'ignoranza e la vendetta. La sensazione, infatti, è quella di trovarsi immersi in una faida senza fine, dove quello che di buono stanno cercando di costruire i cristiani all'inizio del film, quello che convincerà Davo a unirsi alla loro causa (e che poi ne genererà le domande sull'onestà della loro battaglia), viene dimenticato, seppellito dai corpi dei morti e dal sangue versato nell'agorà di Alessandria.
L'
La storia è abbastanza semplice e nota ormai da tempo a tutti i frequentatori del Carnevale della Matematica: Ipazia, matematica e astronoma, visse tra la fine del 300 e gli inizi del 400 nella città portuale di Alessandria, dove insegnava nella locale università. Probabilmente a causa della sua posizione di insegnante e delle sue idee scientifiche, politiche e religiose, venne uccisa dai primi cristiani d'oriente, ritenuta soprattutto dai capi religiosi della cristianità alessandrina personaggio pericoloso ed eccessivamente influente sul prefetto Oreste. La morte avvenne per lapidazione (informazioni, secondo la wiki, tratte dallo storico Socrate Scolastico, che in ogni caso riteneva le accuse a Ipazia come calunnie causate dall'invidia).
La vita romanzata di Ipazia secondo Amenabar si intreccia, poi, sia con Oreste, sia con Sinesio, vescovo d'occidente (non è un caso la sua veste bianca), sia con il suo giovane schiavo Davo, poi liberato dalla stessa Ipazia subito dopo la presa della Biblioteca da parte dei futuri ortodossi. A questi non dimentichiamo di aggiungere l'intransigente vescovo di Alessandria, Cirillo, poi divenuto santo della chiesa. Andiamo, però, con ordine, prima di creare confusione.
Lo scisma tra chiesa d'oriente (ortodossi) e chiesa d'occidente (cattolici) risale ufficialmente al 1054(1), ma fonda le sue radici nei secoli precedenti e uno dei protagonisti è evidentemente proprio Cirillo: non credo, infatti, che sia un caso l'utilizzo di vesti scure per il vescovo di Alessandria e per la sua ronda, i parabolani, rappresentati come assassini e persecutori di ebrei (con cui formarono una prima, labile alleanza), pagani e cristiani eretici. E non è certo un caso che Sinesio, vestito di bianco, cerchi di utilizzare la diplomazia e il buon senso per salvare Ipazia. Quest'ultima, invece, comprendendo che ormai tutto è perduto, nel suo ultimo giorno di vita, decide di andare per la città di Alessandria a piedi, mentre sempre secondo Scolastico ella viaggiava sul suo carro: evidente l'intento di Amenabar di aumentare la tensione drammatica e di rappresentare eroicamente l'ultimo gesto della matematica. Il panico finale e il conforto tra le braccia di Davo, che pietosamente la soffocherà per non farla soffrire durante l'inevitabile lapidazione, sembrano un modo di riconciliare la cristianità moderna con la morte, il sangue e l'orrore che attraversò quella parte della storia umana.
In effetti il film può essere letto come una denuncia contro la violenza e l'intolleranza, contro l'ignoranza e la vendetta. La sensazione, infatti, è quella di trovarsi immersi in una faida senza fine, dove quello che di buono stanno cercando di costruire i cristiani all'inizio del film, quello che convincerà Davo a unirsi alla loro causa (e che poi ne genererà le domande sull'onestà della loro battaglia), viene dimenticato, seppellito dai corpi dei morti e dal sangue versato nell'agorà di Alessandria.
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