Oltre alle salite, dunque, anche le discese sono una fase importante e spesso anche determinante nelle tappe di montagna dei grandi giri: è quindi per questo motivo che, dopo aver esaminato la fase di salita in bici, cerchiamo oggi di esaminare cosa succede quando si affronta una discesa.
Per semplificare la descrizione del problema operiamo una delle tante approssimazioni tanto amate dai fisici, e non la famosa approssimazione sferica, ma approssimiamo il nostro ciclista con un'asta sottile con il centro di massa al centro dell'asse.
La stabilità meccanica di un oggetto può essere così semplificata: \vec R = \vec 0 \vec M = \vec 0 dove \vec R è la somma delle forze che agiscono sull'oggetto, mentre \vec M è il momento angolare dell'oggetto. Concentriamoci sul momento \vec M: \vec M = \vec r \wedge \vec F dove \vec F è la forza che agisce sull'oggetto, mentrre \vec r è la distanza tra il punto di applicazione di \vec F e, almeno per quel che ci interessa, il centro di massa, mentre il simbolo \wedge indica il prodotto vettoriale, un particolare prodotto tra vettori che produce come risultato un altro vettore che ha lunghezza massima quando \vec r e \vec F sono perpendicolari e nulla quando sono paralleli.
Questo vuol dire che la posizione più stabile è quella in cui siamo praticamente sdraiati lungo la bicicletta, in modo da unire il centro di massa con il manubrio grazie a un vettore parallelo alla forza che ci spinge in avanti. Questa posizione, tra l'altro, coincide con una delle posizioni più aereodinamiche in assoluto che si possono assumere, sia in discesa sia in pianura.
Potreste, a questo punto, obiettare, rispetto a quanto affermato prima, che comunque è presente la gravità, cui però si oppone, in equilibrio, la tensione del telaio della bici. D'altra parte avvicinarsi al manubrio potrebbe sbilanciare l'equilibrio di cui sopra, questo perché avvengono due situazioni differenti: il centro di massa si avvicina inevitabilmente al manubrio e d'altra parte cambiano le intensità delle forze che agiscono sui due estremi della bici. Certo abbiamo un vantaggio: il fatto di non essere un vero e proprio corpo rigido e di possedere dei muscoli, ci consente di modificare, con l'esperienza, in maniera opportuna la nostra posizione sulla buci lungo tutta la discesa al variare della pendenza.

A questo bisogna aggiungere l'azione di alcune forze particolari mentre stiamo affrontando la svolta nel percorso: innanzitutto le due forze centrifuga e centripeta, una opposta all'altra come verso, e, visto che viviamo in un mondo in tre dimensioni e che stiamo per di più affrontando una curva in discesa, non è da trascurare nemmeno la forza di gravità, che in una situazione del genere non aiuta a mantenere l'equilibrio migliore durante l'azione.
In conclusione un paio di articoli interessanti sulle bici in curva: Perché la bici non cirva se... di Lino Succhi, e Affrontare la curva su Cyclinside.
P.S.: Uno degli aspetti che non ho considerato approfonditamente è la questione della fluidodinamica, degli attriti e delle turbolenze. Anche questi aspetti sono inevitabilmente importanti per un discesista e i migliori riescono a tenerne conto rispetto agli altri grazie a una velocità di calcolo maggiore rispetto alla media, però il discorso su questi aspetti avrebbe condotto il post in una direzione ancora più incontrollata (e complessa) rispetto anche al mio solito.
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