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lunedì 8 marzo 2010

Il teorema di Noether

Il teorema di Noether, scoperto dalla matematica tedesca Emmy Noether, è uno dei teoremi più sofisticati della fisica, un modo per vedere come la teoria dei gruppi, una branca della matematica da molti ritenuta astratta, può fornire le basi per un importante concetto fisico. Le premesse della teoria dei gruppi, accoppiate con il calcolo delle variazioni, portano alle conclusioni del teorema, ovvero all'esistenza, sotto certe condizioni, di grandezze conservate all'interno dei sistemi fisici.
Tutto parte da uno dei concetti più importanti per la fisica, la simmetria, che è anche oggetto di studi della teoria dei gruppi. Per rendersi conto, quindi, di questo stretto legame, basta avere in mente l'enunciato del teorema:
Se un sistema fisico esibisce una qualche simmetria continua(1), allora ci sono delle corrispondenti osservabili i cui valori sono costanti nel tempo.
Una formulazione più sofisticata del teorema, invece, recita più o meno cosi:
Per ogni simmetria differenziabile generata da azioni locali, corrisponde una corrente conservata
Questa enunciazione, decisamente più tecnica, lega il teorema e le simmetrie con una serie di gruppi estremamente importanti per la fisica, i gruppi di Lie. Nell'abstract dell'articolo della Noether, Invariante Variationsprobleme(2), infatti, si può leggere:
I problemi di variazione qui trattati, sono tali da ammettere un gruppo continuo (nel senso di Lie); le conclusioni che emergono per le corrispondenti equazioni differenziali trovano la loro più generale espressione nei teoremi formulati nella Sezione I e dimostrati nelle sezioni seguenti.
Prima di addentrarci nei calcoli, però, vediamo di definire meglio alcuni dettagli citati in precedenza.
Gli ingredienti che ci servono sono derivate, integrali, e calcolo delle variazioni. Iniziamo con le derivate. Supponiamo di avere una funzione $f(x)$. La derivata di $f$ rispetto a $x$ è definita come il rapporto tra la variazione della funzione e la variazione della $x$ nel limite in cui questa variazione è piccolissima, vicina allo 0. A meno di non specificare il punto $x$ verso cui ci stiamo avvicinando con le nostre variazioni, la derivata è a sua volta una funzione. Si può, però, distinguere tra derivate totali: \[\frac{\text{d} f(x)}{\text{d} x}\] dove la derivata viene fatta sull'unica variabile da cui dipende la funzione, e derivate parziali: \[\frac{\partial f(x,y)}{\partial x}\] dove la derivata viene effettuata solo su una delle variabili da cui dipende la funzione in oggetto. Un'equazione che è costituita da derivate di una funzione incognita è, a questo punto, detta equazione differenziale.
L'integrale, che può essere definito come l'inverso della derivata, è quindi a sua volta una funzione. Anche se la storia è un po' più lunga di così, per i nostri scopi questo è più che sufficiente.
Il calcolo delle variazioni, invece, è una tecnica di calcolo che si applica ai così detti funzionali, funzioni il cui dominio è costituito da un insieme di funzioni, ovvero funzioni il cui argomento è a sua volta costituito da funzioni. In particolare questi funzionali possono essere rappresentati attraverso degli integrali, dove la funzione integranda è vista come l'incognita e sono anche presenti le sue derivate. In questo caso si è interessati ai valori massimi e minimi dell'integrale, ovvero a quelle funzioni che massimizzano o minimizzano l'integrale. Per trovare questi valori, si calcola come l'integrale varia al variare della variabile della funzione integranda, $x$, la così detta variabile generalizzata.
Nella sua enunciazione e poi dimostrazione dell'ormai omonimo teorema, Emmy Noether, in particolare, prende un sistema di variabili indipendenti $x_1$, $\dots$, $x_n$, e un sistema di funzioni $u_1 (x)$, $\dots$, $u_n (x)$ da esse dipendenti, e su questo sistema fa agire un gruppo di trasformazioni. Fatto questo, una funzione è detta invariante del gruppo se è vera la seguente relazione: \[P \left (x, u, \frac{\partial u}{\partial x}, \frac{\partial^2 u}{\partial x^2} \right ) = P \left (y, v, \frac{\partial v}{\partial y}, \frac{\partial^2 v}{\partial y^2} \right )\] dove $y$ e $v$ sono rispettivamente le trasformate delle coordinate $x$ e delle funzioni $u$.
In particolare si può dire che un integrale sarà un invariante del gruppo se è vera la seguente uguaglianza: \[I = \int \cdots \int f \left (x, u, \frac{\partial u}{\partial x}, \frac{\partial^2 u}{\partial x^2} \right ) \text{d} x=\] \[ = \int \cdots \int f \left (y, v, \frac{\partial v}{\partial y}, \frac{\partial^2 v}{\partial y^2} \right ) \text{d} x\] Ora, a un integrale di questo genere, invariante o meno che sia, applichiamo il calcolo delle variazioni: \[\delta I = \int \cdots \int \delta f \text{d} x = \int \cdots \int L \left (x, u, \frac{\partial u}{\partial x}, \frac{\partial^2 u}{\partial x^2} \right ) \delta u \text{d} x = 0\] dove $\delta$ indica che è stata effettuata una variazione e su quale grandezza, mentre $L$ è la lagrangiana del sistema, ovvero quella funzione che in fisica viene utilizzata per descrivere il sistema in oggetto.
Fatti quindi tutti i conti si arriva finalmente all'identificazione della grandezza invariante: \[\frac{\text{d}}{\text{d} t} \left ( \frac{\partial L}{\partial \dot x_k} \right ) = \frac{\text{d} p_k}{\text{d} t}\] dove $p_k$ è l'impulso, la quantità di moto, ad esempio, nel caso in cui $x_k$ sia interpretato come la posizione.
Il teorema di Noether, quindi, assicura che, quando un sistema fisico è invariante sotto l'azione delle trasformazioni appartenenti a un gruppo di Lie, ovvero un gruppo nel quale possiamo essere sicuri di poter differenziare le funzioni delle variabili del sistema, allora esiste sicuramente almeno una quantità conservata, e questa quantità e la sua invarianza sono espresse nell'ultima equazione presentata.
Come avrete immaginato oggi, 8 marzo, questo articolo è dedicato a tutte le donne, non solo a quelle che fanno ricerca, come la nostra Emmy Noether.
(1) Nel senso che risulta invariante sotto l'azione di una qualche trasformazione di simmetria. Riguardo le simmetrie, promettendovi che tornerò sull'argomento con un articolo dedicato, vi consiglio di dare una lettura a Simmetrie e arti visive e L'infinito nelle opere di Escher, entrambi di Lucia Marino (in ogni caso devo dire che quest'ultimo mi è piaciuto di più: è popinghiano, oserei dire!)
(2) Anche se per la tesi di dottorato mi sono letto Die Eindeutigkeit der Schr ̈dingerschen Operatoren di von Neumann in tedesco (non era disponibile la versione inglese) e con un piccolo aiuto sia di mia sorella sia di alcune estensioni di Firefox, questo non vuol dire che per l'occasione abbia rispolverato quella soluzione. Ho invece trovato la versione inglese dell'articolo della Noether, Invariant variation problems.

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