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giovedì 24 giugno 2010

Il peso dei buoni calciatori

Un piccolo post sulla matematica, la statistica e il calcio, i attesa della partita pomeridiana dell'Italia ai Mondiali 2010.
Gli Europei del 2008 hanno visto il trionfo della Spagna, che ha espresso il miglior calcio della competizione, a detta di molti critici e appassionati, e che ha avuto la strada spianata grazie alla vittoria ai rigori contro l'Italia. In molti tra i tifosi italiani, in ogni caso, hanno ritenuto, forse a torto forse a ragione, che l'Italia avrebbe sicuramente vinto la competizione sconfiggendo la Spagna, poi alla fine laureatasi campione. Eppure osservando il seguente grafico, non si direbbe proprio:
La nostra nazionale, anche se non di molto, è risultata sostanzialmente la peggiore delle 6 squadre considerate (tra queste un Portogallo estremamente altanelante, unica squadra ad avere le potenzialità per avvicinare le prestazioni spagnole, almeno in base a questo primo grafico).
Questo grafico abbastanza interessante, nella cui parte superiore sono riassunte le prestazioni dei singoli calciatori (almeno di quelli selezionati), è stato prodotto da Jordi Duch, Joshua Waitzman, Luís Amaral nell'articolo Quantifying the Performance of Individual Players in a Team Activity. Il gruppo di ricercatori, provenienti da ambiti disciplinari differenti, hanno elaborato i dati statistici ufficiali dell'Uefa, producendo questo e altri interessanti grafici.
Per realizzare la loro elaborazione e valutare l'influenza del singolo all'interno della squadra, sono state costruite delle reti sul flusso della palla accorso tra i giocatori della squadra. In questa rete, ogni nodo rappresenta un giocatore, mentre ogni linea o arco è rappresentato con uno spessore proporzionale con il numero di passaggi andati a buon fine tra i due nodi. Sono stati anche inseriti i dati riguardanti i tiri, sia quelli verso la porta, sia quelli da lunga distanza, rappresentati entrambi da due nodi distinti.
Questa sorta di grafico di flusso è stato costruito per ogni partita. In particolare viene presentato il grafico delle sfide della Spagna contro Italia, Russia e Germania, ovvero le partite ad eliminazione diretta:

mercoledì 23 giugno 2010

Black holes and revelations

In effetti si potrebbe sintetizzare così il testo teatrale Dio e Stephen Hawking, scritto nel 2000 da Robin Hawdon: da una parte i buchi neri, oggetto dello studio delle ricerche di Hawking, dall'altra le rivelazioni annunciate all'inizio da Dio stesso agli spettatori. Infatti Dio è uno dei protagonisti della scena: il suo intento è quello di sfidare Hawking a dimostrargli di non esistere, di non essere il creatore dell'universo dello scienziato, di essere una sorta di gatto di Schroedinger cosmico. Per farlo si intrufolerà nella vita di Hawking, per confrontarsi con lui sempre in maniera diretta, prima tramite Jane Wilde, fidanzata e poi moglie di Hawking, con la quale parla direttamente, quindi impersonando vari personaggi: il professore di Hawking che interpreta Newton (pretesto, quindi per parlare dello scopritore della gravità universale), quindi Einstein in sogno e l'amico Penrose in un confronto matematico sulle future sfide da affrontare insieme.
Il testo, che, per ammissione dello stesso autore sul suo sito, prende ispirazione da A brief history of time (il famoso Dal Big Bang ai buchi neri), prende spunto dalla vita di Hawking per proporre il tema di Dio e della creazione nel XX secolo e la sfida tra questi e in particolare tra la religione e la scienza. In un certo senso questo mescolamento di situazioni e posizioni, questo tentativo di far ammettere a Hawking non solo l'esistenza di Dio, ma anche la sua necessità, può essere condensato in questo ricordo infantile dello scienziato, tratto dalla sua biografia sulla wiki:

sabato 19 giugno 2010

L'atombrello

Non crediate di chissà cosa dovrei parlarvi quest'oggi. Non già di un ombrello particolare, ideato da un gruppo di ricerca e costituito da atomi con la capacità particolare di respingere la luce o l'acqua alla bisogna, anche perché gli ombrelli usuali, costituiti proprio da atomi, sono utili proprio per entrambe le situazioni. L'atombrello di cui sto per scrivere è una mirabolante invenzione ideata sulle daily strip di Mickey Mouse che vanno dal 30 aprile al 3 luglio del 1948 e note in Italia con il titolo Topolino e l'invenzione di Eta Beta o, come è stato ora tradotto sul 10.mo volume di Topolino Gli anni d'oro, Topolino, Eta Beta e l'atombrello.
In effetti questa è il prologo alla lunga sfida con la Spia Poeta che Topolino ed Eta Beta dovranno affrontare nella serie di daily strip successive. La nota Spia, infatti, cercherà di prendere possesso della mirabolante invenzione dell'uomo del domani, un ombrello in grado di proteggere dall'energia atomica!
La seconda guerra mondiale, conclusasi 3 anni fa, aveva visto la vittoria definitiva degli Alleati e quindi degli Stati Uniti solo dopo la nuclearizzazione delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki: in quell'occasione il mondo intero si era reso conto della potenza di questa forma di energia, che aveva iniziato a fare capolino all'inizio del conflitto, come si ricorderà bene chi ha letto L'uomo nuvola. Esempio dell'attenzione che la società civile riservava agli usi militari di questa invenzione è questo Fear and the Bomb di Joseph Hansen uscito nel giugno del 1949 su Fourth International. Siamo agli inizi della Guerra Fredda, quel periodo storico durante il quale i due grandi schieramenti statunitense e sovietico si fronteggiavano in maniera nascosta e sottile grazie alla minaccia delle armi nucleari a lunga gittata puntate una contro l'altra. Per comprendere l'atmosfera del tempo, può essere utile, ad esempio, dare un'occhiata a questa raccolta di clip radiofoniche e televisive degli anni Cinquanta e Sessanta dagli archivi della CBC(1).
Questa atmosfera di incertezza non poteva non entrare nelle strisce dell'epoca e Mickey Mouse non poteva essere da meno: Bill Walsh, che affiancava a quel tempo Floyd Gottfredson come sceneggiatore delle strisce, dopo l'introduzione di Eta Beta nella sequenza iniziata il 22 settembre dell'anno prima, inizia a sfruttare il personaggio per introdurre temi scientifici nelle strisce.

mercoledì 16 giugno 2010

L'universo, molto probabilmente

Iniziato con Guida galattica per autostoppisti, la serie fantascientifica-demenziale-umoristica del grandissimo Douglas Adams prosegue con altri quattro romanzi e ora ripresa con un sesto della serie, E un'altra cosa... a firma di Eoin Colfer. Una delle cose più divertenti di tutta la saga è il modo in cui prende in giro non solo la fantascienza, ma anche la scienza: la semplicità, infatti, con cui i protagonisti violano le leggi della fisica salvandosi da morte certa è incredibile, disarmante, spiazzante. Ad esempio in Grazie per tutto il pesce, Arthur Dent e il fisico, anzi la fisica Fenchurch stanno cadendo da una finestra. Nel loro moto di caduta Arthur è dietro a Fenny rispetto al terreno, quindi:
Arthur non poteva agguantare Fenny e riportarla in su perché quella era Londra, e a molto meno di un milione di chilometri di distanza, per l'esattezza a 1216 chilometri di distanza, nella città di Pisa, Galileo aveva chiaramente dimostrato che due corpi che cadono, cadono esattamente con la stessa accelerazione nonostante la differenza dei pesi relativi.
Eppure ecco la scappatoia:
Arthur capì che se avesse continuato a precipitare nel vuoto credendo alle teorie fisiche degli italiani, i quali peraltro non riuscivano nemmeno a tenere dritta una semplice torre, lui e Fenny si sarebbero trovati in guai seri e cosi, nonostante la fisica, si mise a precipitare più in fretta di Fenchurch.
E successivamente i due addirittura arrivano a volare per aria, senza alcun problema: basta solo convincersi!
Ben più difficile è convincersi che L'universo, molto probabilmente sia uno spettacolo teatrale che merita di essere visto. Non solo: la recensione potrebbe concludersi con un Non andatelo a vedere! Per nessuna ragione al mondo! Nemmeno la curiosità è abbastanza per convincervi ad andare!