Titolo:
Storia dei greci
Autore: Indro Montanelli
Edizione:
BUR
A conclusione del trittico di
post sulle guere tra le cità-stato greche, Atene in testa, e l'impero di Persia ecco una recensione del testo che ne è stato la fonte principale:
Storia dei greci di
Indro Montanelli.
Libro interessante, scritto con una prosa colloquiale e ironica, si concentra sui personaggi, perché la storia della Grecia antica è soprattutto la storia dei suoi personaggi: guerrieri, politici, filosofi, scienziati. E' anche una fetta della storia d'Italia, con le sue colonie, note come
Magna Grecia:
Crotone,
Siracusa,
Trapani, e molte altre. Ed è una storia divisa in quattro parti: il mito e la leggenda, che si mescolano con i fatti storici. Tra nomi e personaggi effettivamente esistiti, in leggende come il sacco di
Troia, si innestano dati e personaggi storici reali, e omaggi a folli come
Enrico Schliemann, il tedesco che voleva essere greco e che scoprì i resti della mitica città governata da
Priamo. Città cantata da
Omero, tra gli altri, poeta cortigiano, poeta dei ricchi, ricordato anch'egli in questa prima parte.
Omero era un poeta di corte, che lavorava su ordinazione di principi e principesse, clienti d'alto rango che esigevano prodotti confezionati sulla loro misura aristocratica e sul loro gusto togato, e non potevano commuoversi che alle sorti di eroi simili a loro, splendidi, cavallereschi e vincibili soltanto dal Fato.
E la Grecia di questo primo periodo è una nazione, che non è ancora nazione e mai lo sarà, invasa da popoli che dall'esterno si innestano sugli indigeni, cercano di fondersi con loro (gli
achei) o di ridurli in schiavitù (i
dori). Da queste fusioni e da questi conflitti nasce la storia accertata, quella delle origini, quella della
polis, di
Solone, delle colonie greche, nate prima per caso e poi per necessità demografiche. Città che dovevano alle
polis d'origine la cultura, l'impostazione democratica, vizi e virtù, città che diedero un forte impulso anche alla cultura della stessa Grecia. In quel periodo, in effetti, anche l'Italia meridionale poteva e doveva essere chiamata Grecia, tanto era forte il legame d'origine con le città di provenienza dei primi coloni.
Finiva tutto lì, però, quel legame, e d'altra parte è assolutamente normale: le stesse città greche erano spesso e volentieri in battaglia tra loro, sempre troppo individualiste per mettersi insieme in una coalizione, se non sotto la spinta di un pericolo esterno, ma nemmeno tanto spesso, o per rivoltarsi contro un sovrano finalmente riuscito nell'improba impresa. E' in questa fase, caratterizzata soprattutto dalle
guerre ai persiani di Dario e
Serse, guerre la cui conclusione ha di fatto sancito il primato economico e culturale di Atene sul resto della Grecia, Sparta inclusa, che si pongono le basi per l'età dell'oro, l'
età di Pericle.
Da Pericle ad Alessandro
Pericle, grazie alle sue qualità di buon amministratore, venne eletto dai suoi cittadini per
40 anni di seguito o poco più, in maniera ininterrotta. Grazie alla sua spinta Atene fiorì: dopo la conclusione delle mura di cinta, progetto iniziato da
Temistocle, ma che questi dovette abbandonare a causa delle accuse di tradimento, gestì le finanze della città riuscendo non solo a rimpinguare le casse, ma anche a sviluppare l'edilizia pubblica e a rinforzare i commerci. Atene fu tanto grande grazie a
Pericle e la sua crescita fu così rapida, che al cadere di questi, distrutto dai suoi stessi concittadini che non gli diedero più il loro appoggio dopo l'ennesimo processo intentato contro i suoi più stretti amici (l'ultimo contro la sua amante, la cui posizione mai volle regolarizzare), la caduta di Atene e con essa della Grecia fu rapida e non priva di dolore.
Il sogno di una Grecia unita durò solo lo spazio di un mattino, mi verrebbe da scrivere, per un periodo di appena 11 anni sotto
Alessandro Magno, il folle re macedone: e non poteva essere altrimenti, con una madre come Olimpia, che ha fatto credere ad Alessandro di essere figlio di una divinità egizia scesa sulla terra sotto forma di serpente, e con un padre come Filippo, uomo senza dubbi e paure se non di fronte alla moglie (forse anche il motivo per cui, col passare degli anni, decise di giacere con altre donne disdegnando le belle grazie della consorte). Il sogno di
avventura, un sogno in cui identificava se stesso come Achille, mitico eroe della guerra di Troia, durò appena 11 anni e spinse la Grecia fino all'Oriente, fino all'India: la strada dunque era aperta, una strada di commerci che venne battuta indipendentemente dal destino politico e militare dell'impero di Alessandro, in veloce disfacimento.
In tutto questo una società che aveva avuto
Socrate,
Fidia,
Pitagora,
Platone e molti altri come spina dorsale culturale (quasi tutti anche abili
guerrieri), vide al contrario la sua cultura dare dei frutti preziosi proprio nel finale della vita politica della Grecia. Con Platone ancora protagonista, personaggio di passaggio tra l'età di Pericle, dove era allievo di Socrate, a quella del declino, dove era maestro di
Aristotele, vide la scienza fiorire in maniera incredibile (almeno rispetto alle scoperte delle epoche precedenti): simbolo di questo colpo di coda scientifico è
Archimede, forse uno dei più grandi personaggi di tutti i tempi, da quel che si racconta il perfetto prototipo dello scienziato.
E' indicativo, come sottolinea Montanelli, come questa società, caratterizzata da un dilettantismo diffuso e che in questo trovò forza per sopravvivere e al tempo stesso debolezza per unirsi, con l'avvento dell'era del declino, coincisa con il massimo della sua espansione, la specializzazione dei mestieri era spinta al massimo possibile. Mentre prima il cittadino si doveva intendere di un po' di tutto, essendo obbligato a partecipare alla vita pubblica della
polis (prima o poi chiunque, al di là delle cariche rappresentative, sarebbe finito in un posto di responsabilità), con lo sviluppo delle arti, della cultura, della scienza (non dimentichiamo in questo caso anche il fondamentale contributo di
Ippocrate, che praticamente dal nulla riuscì a dare i primi rudimenti di medicina, seppure non tutti di buona fattura) e soprattutto dei commerci e delle guerre era necessaria sempre più una maggiore specializzazione per poter sopravvivere in battaglia e ottenere i prezzi migliori durante le transazioni economiche. E' per questo che le conquiste di Alessandro, anche se prolungate nel tempo con un sovrano un po' più sano di mente, avrebbero semplicemente ritardato l'inevitabile declino di una civiltà che fondò l'Occidente ma che guardava di più a Oriente, una civiltà che venne conquistata dalla potenza militare di Roma, ma che alla fine dei conti conquistò l'anima stessa (o almeno parte di essa) dei romani.
Due parole sulla religione
Vorrei, comunque, chiudere con alcune citazioni, tratte dal libro di Montanelli, che ben sintetizzano il rapporto dei greci con la religione:
Diogene, che aveva la lingua lunga, disse che la religione greca era quella cosa per cui un ladro che sapeva bene l'Avemaria e il Paternoster era sicuro di potersela cavar meglio, nell'al di là di un galantuomo che li aveva dimenticati.
Il
Pantheon dei greci, che ha subito un aggiornamento dai miti originali, quelli di
Crono e
Rea, grazie all'influenza della mitologia achea, nordica rispetto a quella originale (e questo forse spiega le somiglianze con i miti asgardiani), era, poi, decisamente molto esteso. Infatti:
Gli stessi greci non riuscirono mai a mettere ordine e a stabilire una gerarchia fra i loro patroni, in nome dei quali anzi combatterono molte guerre tra loro, ognuno reclamando la superiorità di quello suo.
E quindi ecco evidente come le così dette
guerre sante siano un male che assedia l'umanità sin dagli albori della civiltà.
D'altra parte, sempre secondo Montanelli è proprio la religione una delle chiavi della sconfitta greca di fronte ai romani:
(...) quando gli dei furono distrutti dalla filosofia, i greci, non sapendo più per chi morire, smisero di combattere e si lasciarono soggiogare dai romani, che agli dei ci credevano ancora.