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mercoledì 3 febbraio 2010

Eureka. Un poema in prosa


Titolo: Eureka
Autore: Edgar Allan Poe
Edizione: Bompiani
Il 3 febbraio del 1848, Edgar Allan Poe tenne, presso la Society Library di New York, una conferenza dal titolo Universo. Da questa trasse un testo dal titolo Eureka. Un poema in prosa, dedicato ad Alexander von Humboldt.
Dopo un inizio tra il fantascientifico e il filosofico, Poe inizia con un lungo discorso di carattere logico dove, a partire dalla legge di gravitazione di Newton, che non mette in discussione, inizia a proporre una sua idea sulle origini dell'universo, passando poi alla discussione e descrizione della cosmogonia nebulare di Simon Laplace, ovvero la teoria sulla formazione del nostro Sistema Solare a partire da una nebulosa in rotazione formulata per la prima volta dal fisico e matematico francese. Quest'ultimo, ovviamente, realizzò una teoria scientifica rigorosa, con risultati matematicamente e sperimentalmente (attraverso le osservazioni) verificabili nel trattato Exposition du systeme du monde. Poe, invece, dopo la descrizione della teoria, prova ad utilizzare il semplice ragionamento logico per trarre le sue conclusioni.
La sensazione è che alla fine produca un testo più filosofico, che di carattere divulgativo-scientifico, in cui cerca di elevare il pensiero e le congetture logiche davanti sia all'esperimento sia ai modelli matematici, che pure tiene in gran conto. Al di là di queste considerazioni, comunque, lo scritto di Poe, che nell'edizione Bompiani curata e tradotta (non sempre efficacemente, devo personalmente dire) da Paolo Guglielmoni, è interessante perché presenta idee e spunti del suo tempo, che poi ritorneranno nelle scoperte della fisica del secolo successivo, con l'indubbio vantaggio, in questa occasione, di avere una solida base matematica.
Una delle idee più interessanti è, però, di Blaise Pascal, che riferendosi all'universo, disse (la citazione, però, è tratta dall'edizione Bompiani di Eureka):
E' una sfera il cui centro è ovunque, la circonferenza in nessun luogo

Frontespizio edizione originale
Da questo punto Poe descrive una nascita dell'universo che suona familiare: immaginiamo una sorta di particella primordiale che, per un qualunque motivo (la volizione divina, dice Poe) inizia a produrre la materia atomica di cui è composto l'universo(1), ma non lo fa in maniera continua, altrimenti l'universo dovrebbe essere infinito, cosa che non è, come ha già concluso lo scrittore all'inizio della sua discussione. La produzione della materia, che avviene su sfere concentriche via via sempre più piccole (quelle più vicine alla particella iniziale sono quelle nate per ultime), è periodica, a quanti potremmo dire oggi. In queste origini, dunque, sono piantati i semi della teoria del Big Bang da una parte e della meccanica quantistica dall'altra, teoria che in effetti stava per muovere i suoi primi timidi passi.
Altre osservazioni sono nell'idea che l'universo così come viene osservato sia frutto dell'azione delle forze di gravità ed elettrica: innanzitutto ricordiamo che le equazioni di Maxwell che unirono il campo elettrico e magnetico risalgono a quel periodo, che tra l'altro è anche uno dei più importanti per lo sviluppo dell'elettromagnetismo; a questo sono da aggiungersi il fatto che si aveva già un'idea della luce come costituita da particelle, così come era chiaro che la sua velocità fosse finita e non infinita (a quell'epoca Friedrich Struve, astronomo tedesco, aveva stimato per la luce una velocità di 167000 miglia al secondo). Poe quindi accosta alla gravità un potere di attrazione ed all'elettricità uno di repulsione, associandoli a corpo e anima che camminano insieme in maniera inscindibile, pur assegnando alla gravità un ruolo più importante: in effetti è l'esatto contrario, con la forza elettrica superiore per intensità rispetto a quella gravitazionale. In realtà questo ragionamento serve allo scrittore statunitense, considerato padre di ben tre generi letterari (detective stories, horror, fantascienza), per parlare della sua filosofia, piuttosto che della fisica e del mondo fisico: l'universo di Poe è originato e regolato da una intelligenza divina.
Anticipando la così detta teoria del big crunch, secondo la quale a una grande espansione segue una contrazione e così via, Poe propone l'idea che l'universo si evolva tra i due stati sopra descritti: sotto la spinta della gravità, si contrae verso il suo centro di origine, per poi riprendere ad espandersi per un nuovo ciclo e via di seguito.
Oggi tutte queste idee sono qui, presenti, e soprattutto sono raccontate con maggiore precisione scientifica: il saggio di Poe, riproposto con testo a fronte, ha la passione e l'eloquenza tipiche della poesia, non avendone però la forza sintetica, risultando alla fine un saggio filosofico con tentativi di uso della logica, a tratti difficile da seguire, che, nonostante contenga delle intuizioni interessanti, non sembra molto interessato agli aspetti scientifici dell'argomento che tratta: vi basti sapere che si ha la sensazione che Poe tiene in maggior conto le sue elucubrazioni rispetto ai lavori di Keplero e Newton.
Come consiglio finale, comunque, se avrete voglia di affrontare la lettura dell'opera di Poe, che comunque è storicamente interessante perché contiene uno spaccato dello spirito dell'epoca, che stava per essere rivoluzionato da Darwin con la teoria dell'evoluzione (di un anno successiva alla conferenza di Poe) e da quella tella relatività di Einstein (giusto all'inizio del nuovo secolo, una quindicina di anni più tardi rispetto a Universo), direi di evitare la lettura dell'introduzione di Guglielmoni, o comunque di rimandarla alla fine del saggio di Poe.
Può essere interessante, per approfondire ulteriormente, dare una lettura ai link proposti nella recensione di Eureka di Alberto Cappi.
Le immagini della seconda parte sono tratte dal testo inglese consultabile sul sito della Edgar Allan Poe Society di Baltimora.
  1. In maniera semplicistica si potrebbe dire che è la stessa cosa che fa il bosone di Higgs: questa particella, però, è responsabile della quantità di massa che ogni altra possiede e non della sua effettiva creazione. 

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